In questi giorni estivi, quando tutto riparte alla grande, è bellissimo riscoprirsi turisti della propria città. Poter camminare sotto braccio con la persona amata senza mascherina e perdersi per le strade e i vicoletti di una Napoli sempre più attenta alla street art nelle sue più varie e declinate ramificazione.
Troviamo opere in ogni angolo di strada, mani che si toccano, cocktail alla moda, personaggi e interpreti del folklore napoletano. Sempre più ci stiamo riscoprendo una città europea.
Provate a smarrirvi nei quartieri che sanno di rinascita come la Sanità dove qualche anno fa Sky Arte ha organizzato il primo festival dell’arte italiano con uno splendido concerto finale di Vinicio Capossela nella Basilica di Santa Maria della Sanità oppure tra le salite e le discese di Materdei, ribattezzato da Peppe Morra quartiere dell’arte dove nel 2016 ha aperto Casa Morra, un museo e un archivio di arte contemporanea nel Palazzo Ayerbo D’Aragona Cassano, splendido complesso settecentesco.
E proprio a Materdei, a pochi passi da Casa Morra, troviamo il Giardino Liberato, un convento delle teresine restituito alla collettività grazie a cittadini che hanno deciso di farne un bene comune. un esperienza che non ha partito ne colore politico.
Al quarto piano di questo spettacolare palazzo una street artist che potete trovare su instagram con il nome d’arte miuzzayeah da gennaio sta portando avanti un progetto di poster art, una particolare deriva della street art dove gli artisti usano la carta come supporto, le opere spesso in serie vengono realizzate in studio e poi attaccate in giro per le città per diffondere il proprio messaggio in maniera rapida.
In una delle mie piacevoli passeggiate sono passato a trovarla per chiederle qualcosa in più sul progetto. Mi ha accolto con il sorriso e un bicchiere di birra. Ha conquistato subito il mio cuore disilluso. 
Antonio: Quando hai cominciato il progetto?
Aleksandra: A gennaio mi sono arrivati i primi poster, all’inizio c’era una dead line e avevamo progettato una mostra da fare ad aprile, poi per ovvi motivi abbiamo dovuto rimandare tutto a data da destinarsi, probabilmente a settembre con l’inaugurazione del progetto.
Non è un grande problema. Pensa che ci sono artisti che partecipano da tutto il mondo, anche dal Brasile e dalla Nuova Zelanda, e i pacchi con le opere a volte ci mettono anche mesi ad arrivare.
Antonio: Da dove parte tutto? Qual è stata la scintilla ?
Alexandra:  Questo è il mio primo progetto di poster art  ma del resto anche a Napoli non era mai stato fatto un progetto così. Gli  spazi qui al Giardino ci sono, conosco tanti artisti. Mi piace l’idea di creare una rete, di mettere in contatto artisti da tutto il mondo che in questo modo si conoscono e possono supportarsi a vicenda, possono nascere nuove collaborazioni e belle amicizie anche. Immagina che quando metto due opere vicine i due artisti entrano in contatto tra di loro e così capita che sui social l’americano segue l’iraniano e viceversa, nasce uno scambio tra persone che prima non si conoscevano. Siamo tutti più vicini così.
Antonio: Come hanno risposto le persone ?
Alexandra: Mi arrivano tutti i giorni belle emozioni da persone appassionate che vogliono venire a visitare lo spazio, infatti l’idea è quella di organizzare dei piccoli tour organizzati a partire dal giorno della mostra  dove verrà presentato tutto il progetto. Anche gli artisti sono entusiasti di partecipare. Pensa che per adesso siamo a 127 artisti da 17 paesi tra cui la Gran Bretagna e la Germania dove la poster art è molto diffusa, sdoganata e apprezzata.  Sto ottenendo quello che volevo e sono contenta. Così anche il Giardino Liberato avrà qualcosa in più, avrà un museo a cielo aperto di Street Art, ci sarà un ulteriore motivo per venire a visitarlo.
Antonio: Questo è un progetto in divenire?
Alexandra: I lavori continuano ad arrivare ogni giorno. Si parlava già di una seconda edizione e di un progetto simile in provincia di Napoli ma io dico pensiamo a qui e ora. Poi, l’anno prossimo vediamo. Potrei anche pensare di passare il testimone.
Antonio: Come hai strutturato l’esposizione, in base a quale criterio scegli dove e come posizionare le opere che ti arrivano?
Alexandra: Ho pensato di dividere gli spazi in questo modo, una sala collettiva dove il visitatore si deve perdere tra le decine di opere che vanno a coprire tutti gli spazi possibili, una sensazione di vertigine deve avvolgere lo spettatore che si sentirà letteralmente avvolto dai lavori , immagino gli occhi che si perdono e si ritrovano ogni volta in un pezzo nuovo, un pezzo diverso che non avevano mai visto prima. Un ambiente unico dove artisti famosi, conosciuti ed emergenti stanno tutti sullo stesso piano, sullo stesso livello, uguali come è giusto che l’arte ci renda. Ci saranno poi delle sale più piccole, delle porte e delle nicchie dove voglio sistemare opere che dialogano bene tra di loro, che vanno d’accordo e si sposano quasi a formare un’unica opera. Lo spazio, difficile da gestire, diventerà in questo caso cornice e acquisterà nuovo significato.
Antonio: Hai qualche storia particolare da raccontare sugli artisti che partecipano?
Alexandra: Mi emoziona molto la partecipazione di questi artisti iraniani. Tieni presente che in Iran i diritti delle donne sono calpestati da sempre e una donna non può fare street art. Così questa ragazza per farmi arrivare le sue opere ha dovuto inviarle da un altro paese. Insieme ad altri artisti hanno fatto un pacco collettivo, pagato per portarlo fuori dal paese e farlo spedire qui in Italia. Questa ragazza mi ha mandato diversi lavori, con scritte in persiano, crea dei pattern con motivi geometrici tratti dalla tradizione e ci interviene sopra. Ha fatto dei lavori sui diritti delle donne e sulle pari opportunità.
C’è poi questo artista di Torino che porta avanti un progetto sul suicidio. È un argomento scomodo, siamo tutti più o meno fragili e ognuno si porta la sua storia dietro. Questo ragazzo ci ha messo la faccia, ha avuto coraggio. Parla di incomunicabilità. Noi conosciamo tante persone, abbiamo tanti amici. Ma fino a dove siamo disposti a spingerci per conoscerci veramente? Parlando potremmo evitare tante cose. parlando possiamo fare pace con noi stessi, con i nostri mostri e con i nostri demoni. Possiamo evitare che i nostri fantasmi continuino a farci paura. È un progetto importante, universale. Sono cose che succedono in tutto il mondo perché ci sentiamo soli, non ascoltati.
Siamo tutte anime fragili. Questo ci ricorda l’artista di Torino ma in fondo lo sappiamo anche noi,  nascosti da qualche parte, che forse nemmeno ce lo vogliamo raccontare alle volte. Come piccoli bambini sull’altalena proviamo a volare alto sui problemi, qualche volta ci riusciamo, qualche volta no. Quando proprio non ci riusciamo ecco l’arte, la street art e in questo caso la poster art pronte a tenderci la mano, a ricordarci che non siamo poi così soli se tutti insieme seguiamo @miuzzayeah su instagram dove con foto e video ci accompagnerà fino a settembre presentando gli artisti che partecipano al progetto.
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