Come un fiocco di neve senza vento. Accarezza il foglio e diventa poesia, la sofferenza di Angelo Santoro, raccolta in un libro curato da Alessandra Celano e Paolo Saggese per Delta3edizioni(pagg. 104). In ricordo di un amico che se ne è andato a trentun’anni, lasciando nel cuore di tutti tenerezza, amore, ammirazione. Memoria di un ragazzo che gi  da bambino deve fare i conti con la sofferenza, rinunciando alla libert  di corse e passeggiate.

Ventisette anni dopo l’addio previsto dal destino, le note di amici ne presentano i versi, componendo, lievi e serene, il ritratto di un autore che alla pagina affida il desiderio di vivere, oltre il capolinea dei giorni. Tracciando in brevi colpi di penna l’enigma del male che ne paralizza i passi. La passione del pensiero scritto non insegue la lusinga della lettura, ma procede severa attraverso un tragitto incessante di nascita, distruzione, risurrezione (cancellando, correggendo, rifacendo) pronta confrontarsi con i più fortunati compagni di strada che accompagnano il suo respiro tra le mura di casa e le strade di Bisaccia (Avellino) percorse nella sua auto, la Daf, salone letterario preferito.

La malinconia del tempo trascorso fa riaffiorare nel racconto degli altri l’ironia sottile di un’intelligenza mai spenta dal dolore. E dalle agende ingiallite di Angelo, fitte di appunti e parole, arriva “la solenne intimit ” del suo sentire, che restituisce l’impotenza dell’immobilit  in immagini senza rancore. “L’operare stanco/degli occhi/continuamente muta/il disegno del giorno/non la sua stasi/Un po’ di ruggine/alle mani/m’impedisce il saluto”.

Le speranze ferite dall’immobilit  invocano l’amara bellezza di una riflessione “Riempire un buco nel/ programma giornaliero di un amico/sentirsi supplente”. E i sentimenti si adeguano al bisogno di esprimerli “Ho coltivato/sul foglio emozioni/Poi le ho vendute/Col vestito stretto del verso/cos vendo la gran parte/di me”. Mentre la presenza di chi lo circonda innalza rapidi monumenti di perfezione “Ho nelle mani il tuo indirizzo/E’ l’invenzione del possesso”.

Nei cenni biografici che offre in queste pagine lo zio sacerdote, don Antonio, ora parroco di Bisaccia, rivivono le ansie di Angelo per un cammino impedito gi  dall’infanzia nell’ avversit , una presenza inseparabile, la mamma, che non gli fa mai mancare il suo conforto. Alleviandogli la tristezza di un’attesa “Vorrei planare/verso la morte…. Piano, proprio perch/piano l’esistenza/a tratti si distende…”.

Il soffio della realt  si tramuta in scintille che non rinnegano fonti d’ispirazione. Spunta, forse atteso, il riferimento a Montale e alla sua opera “Tra ciottoli e mare/uno sgabello/un fondo di bottiglia/ossi di seppia…./Orme/nello sciacquio di troppo/mutato in tempesta”. Ma i suoi sogni sfocati da giusti timori compongono visioni che fanno pensare anche alle gocce ermetiche di Ungaretti. E “dopo le follie ei programmi/la mente si è svestita…/ Una calma insolita/ha riempito ogni spazio/cos, quasi fisiologicamente,/sono arrivato alla resa”.

Eppure Angelo continua a sorridere nello sguardo di chi lo ha conosciuto.

In foto, la copertina del volume. n basso, l’autore

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