In Via Toledo 66, dietro una piccola porta in legno, si apre la Spot Home Gallery da un’idea della fotografa napoletana Cristina Ferraiuolo. L’ esposizione si intitola “Andamento Lento” ed è tutta dedicata a Napoli, una Napoli vista non soltanto da chi la conosce bene perchè ci è cresciuta ma anche da occhi stranieri, che sanno sempre cogliere con stupore aspetti che a noi autoctoni sembrano consueti.
Lo spazio in sé ha già una storia da raccontare. Anni addietro, il padre della Ferraiuolo aveva il negozio di cinefoto “Spot” proprio di fronte all’attuale galleria, che all’epoca fungeva invece da deposito.
Ribaltando la visione come in una camera oscura, oggi ci affacciamo su quella stessa strada da un’altra prospettiva. La luce illumina gli ambienti che non saranno soltanto espositivi ma si proporranno anche come residenza artistica, per continuare quel filone paterno di conoscenze e incontri in cui Cristina si è da sempre mossa. Un ritorno a casa, proiettato al futuro.
L’accoglienza è quasi tutta al femminile, gli occhi sorridono al di sopra delle mascherine e c’è una gran voglia di raccontarsi e raccontare.
I protagonisti sono 8, con lavori realizzato nell’arco di un ventennio. L’ “Andamento lento” si riferisce al tempo emozionale del nascere di una fotografia.
Quindi, vediamo chi ci porta in evidenza la poetica dell’errore nello scatto, come Luca Anzani, napoletano, che sperimenta su attrezzature in disuso che danno vita ad effetti imprecisi. Le sfuocature e le distorsioni creano distopie sincere in cui immergersi per ritrovare una dimensione molto intima.


Il norvegese Morten Andersen, invece, ci restituisce una dimensione fantascientifica, in cui palazzi e ambientazioni sembrano poter far parte di un qualsiasi altro pianeta, immerso nel silenzio, al di fuori del caos. Le foto scattate non soltanto a Napoli, danno una resa oggettiva e quasi universale di come degrado e aspetto futuristico vadano in forte contrasto in ogni parte del mondo.
Michael Ackerman, originario di Tel Aviv ed emigrato poi negli Stati Uniti, racconta la sue esperienza attraverso una serie di scatti notturni del 2001, paradossalmente proprio in una zona limitrofa alla galleria. Sintomi di una ricerca di qualcosa di disturbante e caotico, contro ogni aspetto forzatamente solare della città.
Martin Bogren, svedese, presenta la parte napoletana del suo progetto più grande chiamato “Italia”, una sorta di Gran Tour che lo vede girare la penisola da nord a sud. Immaginate un vero andamento lento del viaggio, in cui riuscire a cogliere l’energia di piazze, strade e volti per apprezzare il percorso e non la meta.
Adam Grossman Cohen interseca la cinefotografia con il poetico, esponendo alcuni frames di filmati Super8 girati a Napoli tra il 1996 e il 2000. Attratto da sempre dalla penombra e dalle oscurità quasi caravaggesca, cattura il tempo dei singoli fotogrammi e l’atmosfera risulta sognante e misteriosa, inquietante e d’altri tempi. Tempi mai passati in realtà, che possono unire anche presente e futuro.
Richard Pak, francese, espone “I Promessi sposi”, titolo ironico ispirato al nome stesso della strada di Via Manzoni, quartiere Posillipo, in cui nasce la sequenza di scatti che inquadra le auto al Parco della Rimembranza, di giorno come di notte. Quello che resta degli amanti innamorati saranno poi solo giornali accartocciati sulla strada desolata.
Lorenzo Castore, fiorentino, firma l’installazione audiovisiva presente nelle stanze della home gallery che potranno essere usate per i futuri progetti di collaborazioni internazionali. Un racconto d’amore e ricerca negli ambienti dell’ Ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi, in cui alcuni ex pazienti sono stati fatti ritornare a distanza di tempo e per la precisione dopo 30 anni dalla sua chiusura. Memoria e storie individuali per indagare le disfunzioni della società.
Dulcis in fundo, la padrona di casa Cristina espone “Stone butterfly”, foto scattate dal 2002 al 2018, raccolte nel libro omonimo. Le protagoniste sono alcune donne di Napoli, delle donne pronte a tutto, che come rocce sfidano la dura vita dei quartieri come della provincia ma in un tempo di vita che è sempre fugace come quello delle farfalle. Ci racconta di come ha seguito negli anni alcune di loro e di come per quasi tutte il destino sia già scritto, legandosi a doppio filo con quella parte di città in cui il bianco e nero non porta sfumature.


Ripartire dai propri luoghi è la cosa più immediata che possiamo fare sia per noi stessi, fermi da troppo, che per la nostra città. Una città in cui storicamente confluiscono le realtà più disparate e che deve tornare a nutrirsi di questi confronti. Grazie anche a idee coraggiose come Spot Home Gallery.

[Opening: 4 – 5 – 6 – 7 febbraio 2021
/ visitabile fino a giugno 2021 prenotazione obbligatoria su
www.spothomegallery.com
In pagina, immagini dello spazio e della mostra di Valentina Guerra

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