Besa Muci editore/ Sirene senza enigmi: Oscar Wilde indaga sulla morte del pescatore Basilio e racconta l’identità di Napoli

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In chi è napoletana e – con passione – della sua città ha scritto, leggere chi napoletano non è ma con altrettanta passione ne scrive, può suscitare due reazioni: la piacevolezza di scoprire una nuova storia ambientata in un luogo dell’anima o la diffidenza nutrita dalla spasmodica ricerca di scelte sdrucciolevoli che conducono a spiacevole epilogo.
Albergando, d’abitudine, in me la prima ho letto con deliziata voracità “Sirene senza enigmi” scritto da Mariano Rizzo e da poco pubblicato da Besa Muci. La storia, in cui si investiga su delitti e trame ordite dalle umane passioni, è ambientata a Napoli nel 1897 quando Oscar Wilde vi giunse dopo aver finito di scontare la condanna ai lavori forzati e la detenzione nel carcere di Reading in seguito alla denuncia per pratiche omosessuali inoltrata dal padre dell’uomo amato: Lord Alfred Bruce Douglas, Bosie.
La moglie di Oscar Wilde, Constance Mary Lloyd, donna brillante, colta, scrittrice e che mai si sentì vittima del marito a lui rimase legata da un profondo affetto ma, per proteggere i figli e non esporli al pubblico ludibrio, viaggiò con loro in Italia mentre il marito andò prima a Parigi e poi a Napoli con l’amante.
Il romanzo di Rizzo si apre con l’arrivo a Napoli dello scrittore irlandese che torna nella città, già conosciuta, in cerca di un luogo adatto dove soggiornare in attesa di un ricongiungimento con Bosie.
Giunto in città nasconde la propria identità dietro false generalità, che a poco serviranno poiché il carattere e la personalità non si reprimono mai, l’incontinenza dell’arguzia accompagnata dalla noia di un intelletto vivace costretto a trovare impegno per sfuggire alla disamina esistenziale essuda in ogni occasione vanificando ogni tentativo di dissimulazione.
Wilde si imbatte in un pescatore, poco esperto, a cui propone di diventare la sua guida alla scoperta di luoghi che possano convincerlo a fermarsi in città e dopo una giornata trascorsa insieme lo rivede, il mattino seguente, cadavere.
La polizia liquida la cosa come annegamento ma lui ritiene che ci sia dell’altro e inizia a indagare. L’indagine prenderà la forma che è congeniale a chi la porta avanti: un racconto. L’autore intreccia, con maestria, diversi piani narrativi, quello intimista che spinge il protagonista a dialogare con sé stesso, quello storico in cui riporta il soggiorno dello scrittore nella città e quello della città stessa.
Nel dialogo interiore del protagonista Rizzo svela il fuoco che arde in ogni persona che ami raccontare storie: l’urgenza di fissarle prima che la moltitudine di impegni quotidiani le seppellisca facendone affievolire il lampo che le ha originate. Più che una deformazione professionale è una inconsapevole abitudine mentale, basta un dettaglio come un odore, un rumore o un’immagine per mettere in moto una fantasia in cui realtà e finzione vanno a braccetto puntellandosi a vicenda.
Quando si ascolta una storia esistono due racconti, quello di chi scrive e quello di chi legge, così andando a passeggio con Oscar Wilde nelle strade e nei vicoli del centro storico, ho rivisto luoghi conosciuti dall’infanzia, il negozio di cioccolato dell’antica azienda a conduzione familiare – ancora esistente – che acconcia i cioccolatini, ognuno dotato di un nome proprio diverso, in scatole di cartone o di legno che riportano l’immagine di una gouache con il Vesuvio fumante, la piccola libreria che propone i titoli dedicati alla città, lo storico caffè vicino al palazzo reale in cui Matilde Serao era di casa, le chiese, i chiostri, i monumenti, le statue e le figure mitiche femminili come la sirena Partenope, la Sibilla Cumana e la bella ‘mbriana, il geco che da piccola mia nonna ospitava in casa raccontandomi che era lo spirito benigno di una ragazza consumatasi d’amore e che- da adulta- ho studiato come mito ricorrente nei paesi mediterranei.
È stato come giocare una avvincente partita di Cluedo con l’autore: Basilio e Madama Sibilla alla Tomba della Sirena con un nastro colorato oppure Basilio e Ernesto D’Agerola con la cravatta in un oscuro vicolo? Al  «Napoli ti costringe a essere diverso da te stesso» di Rizzo mi viene, di getto, da rispondere o ti obbliga a essere il vero te stesso/a?  «Napoli non la si apprezza riposando», sospirò l’uomo,  «è una città che disprezza pigrizia e scorciatoie. […] Napoli ha bisogno di raccontarsi, e di farlo sfacciatamente… così, anziché narrarsi con le parole, si narra nei colori, negli odori, nell’accento delle persone… in come appare, insomma».
La bellezza- e il limite -di Napoli è nel suo essere troppo, sempre, tutto insieme che arriva a provocare dolore in chi è costretto ad allontanarsene consapevole che in nessun altro luogo sia possibile imbattersi nella convivenza di così tante possibilità, da diventare contraddizioni, stratificate nel corso dei millenni.
Napoli è sì, come scrive l’autore, donna più di altre città ma non solo per il suo mito fondativo che la vede nascere dal corpo di Partenope bensì perché porosa e capace di mantenere in equilibrio così tante e differenti dimensioni, per la sua poliedricità, la calma apparente di chi accoglie senza mai escludere o rifiutare, chi aggiunge senza mai cancellare, chi sovrappone senza mai obliare.  «Si rischia di impazzire, tra veggenti che ritornano dal passato e sirene seppellite nelle chiese… c’è una cosa, dico una, che sia normale, qui a Napoli?».  «No», rispose l’altro, arrossendo d’orgoglio e imbarazzo,  «ma è per questo che la si ama… ».
L’autore sfiora diverse dimensioni che compongono il caleidoscopio dell’identità di Napoli, la presenza di una statua come “Il Corpo di Napoli” a piazzetta Nilo in cui la rappresentazione della divinità testimonia la presenza di una comunità egizia che praticava i suoi culti, le chiese di San Gaetano e quelle vicine costruite su templi dedicati a culti greci come quello di Demetra, il riferimento a San Gennaro il cui culto laico costituisce un unicum per comesistruttura nel rapporto tra la città e il santo e il rapporto che esiste tra i napoletani e la morte, quel dialogo tra “mondo di sopra” e “mondo di sotto” che il culto delle anime pezzentelle incarna.
Per chi ama la lettura imbattersi nell’indagine sulla morte del pescatore Basilio è un vero balsamo, la padronanza del registro narrativo, l’attenzione ai dettagli storici e toponomastici, la caratterizzazione dei personaggi e la fluidità dei dialoghi rendono il libro così gradevole da auspicarsi una sua maggior articolazione.
Che l’autore abbia una propensione per Napoli lo testimoniano il modo in cui la racconta e i suoi scritti precedenti, la raffinatezza e l’eleganza del linguaggio unite allo scambio di battute serrate tra i protagonisti e le pause di dialogo interiore che rendono la storia una gran bella storia.
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Mariano Rizzo
Sirene senza enigmi
Un’indagine di Oscar Wilde

Besa muci
Pagine 312
euro 18
L’AUTORE
Mariano Rizzo è archivista, paleografo e restauratore di libri antichi. Collabora con testate di respiro nazionale ed è autore di saggi e testi teatrali. Per Besa ha già pubblicato i romanzi storici Nella forza non eguali e L’Aspide di Puglia, ambientati nel Regno di Napoli del XVII secolo e incentrati sulle figure di Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona (il “Guercio di Puglia”) e sua moglie Isabella Filomarino. 

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