Piglio da manager. La giornalista e  musicologa Laura Valente ha le idee chiare da neopresidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee e lo ha detto subito stamattina, all’anteprima  per la stampa delle tre mostre che si inaugurano oggi al Museo Madre (dalle 19 alle 22). Questo è solo l’inizio di un anno scoppiettante e pieno di progetti, che inanella sinergie internazionali ma è molto attento alle eccellenze artistiche campane che  sono molte. L’antipasto è promettente, confortato dalla crescita del numero delle visite, (rispetto allo stesso periodo dello scorso anno): il 40 per cento in più.
Ecco i tre momenti che inaugurano il nuovo corso del tempio partenopeo del contemporaneo di via Settembrini 79, dopo la presidenza Forte, sempre, però, con la direzione artistica di Andrea Viliani. Al terzo piano c’è l’esposizione dell’artista svizzero John Armleder che a Napoli sembra essersi trovato molto a proprio agio, stimolato dai numerosi impulsi di una città che sfugge a ogni omologazione. E seguendo il suo istinto che lo porta tra i sentieri dell’arte con il senso della meraviglia si è divertito a impacchettare le sale, a riempirle di  palline natalizie e a sperimentare un parallelo tra frammenti di affreschi della villa di Poppea a Oplonti e la “Danae” di Tizano Vecellio che, in occasione dell’installazione, è stata prestata dal Museo di Capodimonte.
La retrospettiva  che il Madre gli dedica, si chiama “360°” (fino al 10 settembre) e il titolo non lascia spazia al dubbio: è una bella panoramica del suo lavoro incline a spandersi nel flusso dell’aria e della vita con la felicità di colori brillanti (glitterati) e persino con l’imponente leggerezza di un cervello, oggetto di vetro che pesa 200 chili.
Ci piace sottolineare che la sua presenza (è un maestro del contemporaneo schivo e gentile, così come si è mostrato ai giornalisti) non è da vedere come invasione di campo del solito nome internazionale propinato per fare cassa da risonanza a una strategia espositiva. Tra le pareti del Madre le sue opere offrono un respiro allegro, eco della chiassosa e vivace realtà napoletana.

Qui sopra, uno scorcio del "Passaggio della Vittoria" di Paul Thorel. In alto, le palline di John Armleder
Qui sopra, uno scorcio del “Passaggio della Vittoria” di Paul Thorel. In alto, le palline di John Armleder

Ma i napoletani ci sono. E sono gli autori che con la donazione delle loro opere vanno, da oggi, la sezione Per_formare una collezione. Per un archivio dell’arte in Campania. Questa, la nuova carica dei 15 : Luigi Auriemma, Salvino Campos, Maurizio Elettrico, Luciano Ferrara, Matteo Fraterno, Anna Maria Gioja, Lello Lopez, Mafonso, Lello Masucci, Rosaria Matarese, Maurizio Igor Meta, Enza Monetti, Carmine Rezzuti, Vincenzo Rusciano, Quntino Scolavino.
Tra questi nomi, siamo irresistibilmente attratti dalla freschezza e ironia di un’opera degli anni sessanta firmata Matarese, scultrice e pittrice che non dà segni di cedimento su sperimentazione e ricerca: un collage di ritagli di esistenza che aprono alla speranza di un mondo nuovo con l’immagine in basso di un neonato adagiato su una frase “Alzati e disegna un mondo nuovo”. Altrettanto ironico è l’intervento di Quintino Scolavino “Fare orecchio da mercante, aggeggio complesso esposto alla Biennale di Venezia del 1982, combinazione di materiali eterogenei,  dalle piume alla terracotta.
Napoletano è anche il terzo momento, quello in cui protagonista è Paul Thorel che nella città del Vesuvio ci vive e  che, nel Museo, lungo lo spazio tra i cortili, ha dato vita  al “Passaggio della Vittoria”, in grès porcellanato e smaltato,  ispirato proprio dal mosaico bianco della galleria della Vittoria, che collega l’est con l’ovest cittadino. Un’opera che sarà permanente e che accompagnerà i visitatori da un angolo all’altro, nel loro percorso visivo.
Per saperne di più
http://www.madrenapoli.it/

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