La casa editrice Graus, esperienza indipendente con sede nel cuore antico di Napoli, ha lanciato un interessante progetto artistico. Il portone della sede (in vico Seminario dei Nobili,11) è stato messo a disposizione di street artist che hanno proposto inedite installazioni create su misura.
L’iniziativa è stata denominata: “On da road”, ideata appositamente per ospitare a rotazione le opere di dieci artisti. L’evento sta raccogliendo l’entusiasmo di pubblico e critica, confermando fra l’altro la dirompente affermazione della poster art come nuova forma di espressione artistica in città.
Abbiamo intervistato alcuni protagonisti di questo piccolo miracolo culturale in atto nei vicoli del centro storico, le cui radici affondano in una meticolosa attenzione verso l’arte di strada e la capacità di comunicarla agli abitanti della città.
Da dove nasce il progetto?
Ciro Cacciola (responsabile comunicazioni della Graus edizioni): Abbiamo pensato di aprirci alla città, visto che siamo in una zona ricca d’arte e di storia. Il progetto ruota attorno a una mia intuizione: sfruttare la porta di ingresso della casa editrice, mettendola ufficialmente a disposizione dei tanti artisti di poster art che invadono in modo piacevole il centro antico. Siccome l’accesso della sede è ubicato a fronte strada, la casa editrice non poteva mancare un riferimento letterario. Così è nato: “On da road” che, fra i vari significati omaggia l’opera di Jack Kerouac e rievoca il mare, importantissimo elemento per ciascun napoletano.

In copertina: Dettaglio dell’opera di Whatifier sul portone della casa editrice Graus, in Vico Seminari dei Nobili, 11. Sopra: la locandina del vernissage, tenutosi il 9 settembre scorso

Qual è la vostra linea editoriale?
(Cacciola): Graus edizione è un’esperienza fieramente indipendente. Siamo una piccola casa editrice che quest’anno compie vent’anni di vita. Nel tempo, ci siamo ritagliati uno spazio nazionale e internazionale. In generale, siamo quelli che danno voce agli autori emergenti. Non a caso abbiamo lanciato il concorso “A tutto volume” per favorire l’emersione di nuovi talenti. Noi sguazziamo nell’underground, lanciando autori che si occupano di qualsiasi argomento: narrativa, cronaca, saggistica, poesia, graphic novel. Naturalmente, come ogni casa editrice, spaziamo in qualsiasi campo, ma abbiamo uno specifico sugli autori napoletani e campani.
Dove avviene questa originale saldatura con la poster art?
(Cacciola): Per formazione, provengo da una cultura più allargata, nel senso che non è relegata esclusivamente all’ambito editoriale. Avendo lavorato molto nel mondo del cinema, della radio, della musica, non potevo non portare un po’ d’arte in quello che facciamo. Poi, ho avuto la fortuna d’incontrare un fotografo, Sergio Antonuccio, che mi ha fatto da gancio nel mondo della street art. Insieme selezioniamo gli artisti e curiamo le installazioni, che sono site-specific, volendo usare un linguaggio da “gallerista”. Questa ideazione è una cosa totalmente nuova e aperta alla città. Finora, nella nostra rassegna abbiamo ospitato artisti come Unplatonic e Che cuore hai. Attualmente, abbiamo un’inedita installazione di Whatifier. Il prossimo mese, invece, annuncio in anteprima che ospiteremo l’artista Trallalà.
Com’è articolato il progetto?
(Cacciola): Questa prima edizione prevede il coinvolgimento di dieci artisti. A maggio 2023, faremo una grande esposizione collettiva in cui proporremo tutte le dieci installazioni che hanno abbellito il portone della casa editrice. Lo faremo con un evento inedito, che confluirà nella pubblicazione di un catalogo. Questa cosa darà ulteriore visibilità agli artisti underground che c’hanno fregiato delle loro opere.
L’iniziativa cerca di raccontare il tesoro nascosto della nostra città? Sergio Antonuccio (fotografo): Più che altro, nasce per sensibilizzare ed “educare” le persone al cambiamento delle arti. La street art è per sua natura un’arte fruibile a tutti. Non è uno scempio, un’invadenza, un deturpamento dell’ambiente circostante. Al contrario: questa espressione diventa abbellimento per ciò che prima era in ombra ed abbandono. Le persone si stanno educando anche grazie a veri e propri tour volti alla scoperta della Napoli pittorica, che attraversano i vicoli molto articolati del centro storico.

Alcuni dei protagonisti del progetto “On da road”. Riconoscibili al centro Ciro Cacciola e Sergio Antonuccio

Qual è l’obiettivo? (Sergio Antonuccio): L’intento è di sensibilizzare le persone verso quest’arte, per renderle consapevoli che ci sono tante cose belle che possono e devono essere riconosciute. Ci vorrà del tempo, ma ci riusciremo. Noi vogliamo dimostrare che l’arte non è raccolta soltanto in gallerie o musei. È anche il godersi una giornata di sole o di pioggia contemplando un poster, uno sticker, un manifesto, un murale. Nel nostro progetto, l’esposizione di un’opera aiuterà a comunicare il messaggio dello street artist, magari rilasciando ogni giorno un significato diverso da quello precedente. Napoli, sotto questo punto di vista, è una galleria a cielo aperto. Ciro ha avuto una grande intuizione. Sono felice e orgoglioso di partecipare a questo progetto. L’arte non si può e non si deve fermare.
Tuttavia, a Napoli c’è anche chi presenta la street art come un attentato al decoro pubblico…
(Antonuccio): Un street artist che abbia un minimo di coscienza e di cultura non andrebbe mai a dipingere una parete di Castel dell’Ovo o di un altro monumento antico.  Piuttosto, lo vedrete intento ad abbellire i muri del centro storico o di vicoli marginali, che nella loro storica fatiscenza costituiscono una peculiarità della nostra città. A ogni modo, il fondamentalista di turno esiste sempre. La street art è un’arte abbastanza antica, che nasce con le tag e poi, si evolve coi grandi murales per concretizzarsi ai giorni nostri nel paste up. Noi non manchiamo di rispetto a nessuno. Piuttosto, rendiamo l’arte accessibile a tutti e in forma gratuita, iniettandola dove ce più bisogno di bellezza.
Quindi, l’arte non è solo in gallerie e musei?
(Antonuccio): Un nome geniale dei giorni nostri, Banksy, con le sue opere ha cambiato radicalmente la percezione comune. Lui ha reso la street art come una post art, cioè come un’arte degna di un museo senza bisogno di un museo. A Napoli, l’arte di strada è una cosa molto radicata che si intreccia con la capacità del napoletano di adattarsi sempre. La nostra gente ha un animo controverso e in essa coesistono una mentalità molto aperta, ma anche delle chiusure. Noi vogliamo superare questi ostacoli. In questi termini, negli ultimi anni con la street art stiamo riuscendo a operare un mutamento radicale nella testa delle persone. Napoli accoglie ben volentieri la street art, la percepisce come propria soprattutto nelle sue viscere più profonde.
L’arte di strada può essere una forma di riscatto giovanile?
(Antonuccio): Me lo auguro, anche se, in realtà, questa forma d’espressione sta dimostrando di non avere età. Se di quest’arte verrà fatto un utilizzo sano e costruttivo o anche se ne verrà fatto un utilizzo graffiante e di denucia, qualcosa potrà mutare sul serio. D’altronde, il messaggio base è che l’artista ha la piena possibilità di esprimersi e lo spettatore ha la piena possibilità di interpretare.
In conclusione, rubiamo un paio di battute all’artista Whatifier, che ha installato pochi giorni fa la propria opera sul portone della casa editrice Graus. Ti puoi presentare brevemente?
(Whatifier): Credo che l’artista debba rimanere sconosciuto per non condizionare chi osserva la sua opera.

L’installazione di Whatifier

Raccontaci della tua opera.
(Whatifier): La mia installazione è poster art. Il progetto è nato durante la pandemia, ossia in un momento di grande fragilità individuale e collettiva. In quel periodo, eravamo tutti rinchiusi fisicamente e psichicamente. Uno si sentiva solo. Ho deciso, dunque, di rappresentare questo concetto con degli angeli. Qualcuno mi ha detto che sono stati raffigurati come tristi, ma non è così. Questi angeli sono semplicemente stanchi della situazione pandemica. Tuttavia, si rialzano. È per questo che l’opera è stata intitolata: “67”.
E cosa significa?
(Whatifier): Così come esiste la smorfia napoletana o la cabala, esiste anche una simbologia angelica dove ci sono tanti significati. In questo senso, il 67 è un incoraggiamento legato al mondo dei sogni. Si narra infatti che se si sogna un angelo, il significato sia che non si debba mollare dai propri propositi, bensì perseverare sulla propria strada per realizzare i propri progetti.
Ritieni che la poster art sia in rapido sviluppo a Napoli?
(Whatifier) Assai. Nel mio piccolo, mi sento responsabile di aver fatto appassionare diversi artisti. Le persone al principio non conoscevano questa forma d’arte, poi ne hanno compreso l’importanza e hanno contribuito nel diffonderla.
Secondo te, in futuro, è plausibile immaginare che le installazioni di poster art rimangano impresse nella cultura popolare cittadina un po’ come le edicole votive?
(Whatifier): Magari! Per il momento, osservo un riscontro molto positivo verso quest’arte di strada a Napoli. Qualche volta, mentre applicavamo delle installazioni, qualcuno ha storto il naso. Ricordo un signore mi ha fatto vedere muri imbrattati, immaginando che stessi contribuendo a deturpare il quartiere. Ma gli ho spiegato che la nostra arte consiste nel dare dignità a ciò che è ritenuto degradato o fatiscente. Non abbiamo nulla a che fare con il graffitismo. Il nostro unico intento è di portare un po’ di bellezza dove se ne sente di più la mancanza.

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