Com’era ampiamente prevedibile cambia il vento in Europa. Il modello di aggregato tecnocratico a difesa degli interessi corporativi “camuffati” come unione tra gli Stati membri, la difesa di sempre più pressanti lobby nazionali, la sottomissione agli Stati Uniti, vengono scossi dal vento di destra. Il capitalismo si rigenera sotto altra bandiera, in affanno con questo campo politico, subito ne sceglie un altro.
Tramonta l’Europa franco-tedesca, capace di condizionare le economie nazionali degli Stati aderenti, va in soffitta, per il momento il tentativo di allargamento e riforma della UE che avrebbe dovuto consolidare l’asse Berlino-Parigi, a discapito di tutti gli altri, compresa l’Italia. 
Ma mentre in Francia si scende in piazza contro il risultato Rassemblement National, il partito nazionalista francese di estrema destra fondato da Jean-Marie Le Pen, in Italia nulla si muove.
In Italia non ci si accorge che la difesa dell’identità passa per politiche securitarie e il non riconoscimento dei nuovi diritti. Rottamazioni, condoni, espulsioni, libero mercato, opere faraoniche, controllo della comunicazione, pochezza istituzionale, stanno disegnando un’altra Italia.
Terrapiattisti, no-vax e pro-famiglia (degli altri), ora sono tutt’uno con chi pensava di essere “in mano a una banda di usurai”, questo il giudizio della Meloni nei confronti della UE.
Il partito della presidente del Consiglio rimane il primo soggetto politico italiano, anche se perde pezzi in termini di voti assoluti.
Il popolo francese probabilmente capisce, al contrario di quello italiano, che si finisce dalla padella alla brace e insorge. Conosce il vero volto di quella destra estrema che ha pensato che le camere a gas fossero un “dettaglio” della storia della seconda guerra mondiale.
L’Europa deve misurarsi con una classe dirigente (presunta tale) che non riesce a rinnegare il fascismo, che non accetta fino in fondo il risultato della storia, che mette in discussione perfino certi passaggi della Costituzione.
Con quelli che vogliono una Italia divisa e frammentata, altro che PNRR (anch’esso messo in discussione). Tutti insieme appassionatamente.
Purtroppo è venuto clamorosamente meno l’aspetto culturale, sacrificato dalla politica. Non è percepibile un grado di cultura politica capace di generare inclusione, condivisione, responsabilità e decisioni collettive. Si naviga a vista.
Siamo nelle mani di un ministro della cultura che scambia il padre della lingua italiana con un precursore dell’ideologia di destra, di chi immagina, nella sua testa, che Time Square sia una piazza londinese piuttosto che americana.
Un uomo che si vanta di avere una grande biblioteca personale e di aver letto migliaia di libri. Come se leggere, cosa buona e giusta, di per sé bastasse a farne un uomo di cultura. Povera quella Italia “ostaggio” dei tanti Vannacci.  
 ©Riproduzione riservata
In copertina, il parlamento europeo a Strasburgo (foto da Pixabay)

RISPONDI

This site is protected by reCAPTCHA and the Google Privacy Policy and Terms of Service apply.