Se negli ultimi 15 anni vanno altrove oltre mezzo milione di giovani dal Mezzogiorno, chi deve cominciare e a fare cosa per farli restare nelle loro terre d’origine?
Senza alzarsi in cattedra, tre punti basilari.
a) Offrire lavoro di qualità, adeguatamente retribuito e nel solco del diritto;
b) Una scuola all’altezza di questo tempo storico, fatta di solide e realistiche esperienze di studio e capace di guardare a percorsi professionali validi e duraturi;
c) Una buona sanità di prossimità, che sappia ritrovare pratiche inclusive socio-sanitarie direttamente sul territorio, nei luoghi di comunità, nel contesto sociale di riferimento e spazi di costruzione del welfare community.
Bisogna pur cominciare da qualche parte e allora queste tre spie sono la base minima per partire.
In attesa che si “materializzino” le forze politiche e istituzionali e la società civile.
Questi due ultimi blocchi sociali sono dormienti, apatici, chiusi nei propri fortini elettorali ed economici, dove il motto che li contraddistingue è: ”Agitarsi su tutto per non muovere nulla”.
Se i giovani vanno via, innanzitutto la politica deve rispondere a questo vuoto, deve proporre superfici di contrasto alla fuga-perdita. Se questi presunti antidoti sono finti, non toccano mai un’idea di concretezza, l’esodo nei prossimi anni non solo non diminuirà ma aumenterà in maniera ancor più massiccia.
Purtroppo, il combinato disposto di un ceto politico che ha perso l’obiettivo generale e di una società civile che ha tirato i remi in barca, endemiche carenze del Sud, morde alle caviglie non solo i giovani del Mezzogiorno, ma anche intere famiglie e imprese sane.
Gli agenti della mediazione sociale tradizionalmente intesi, innanzitutto forze politiche e sociali, sono stati sopraffatti dal venir meno di una serie di garanzie generali che producevano orientamento, cultura, idee di massa e condivise.
L’attuale desertificazione socio-culturale ed economica è il frutto di decenni di disparità territoriali, purtroppo siamo in un paese che si alimenta di divisioni e lacerazioni tra parti del territorio. Se sistematicamente il Sud soccombe, per i propri limiti strutturali e per politiche che oggettivamente lo danneggiano, vedi gli ultimi due documenti provenienti dallo stesso Governo (“Piano Sud 2030 – Sviluppo e Coesione per l’Italia” di Giuseppe Conte e “Verso Sud” di Mario Draghi), è evidente lo “svuotamento provocato” da chi dovrebbe dare contributi di altro e diverso tenore.
Non esiste una cura unica e dalle risposte certe per far rinsavire i partiti e la società organizzata, ma il Mezzogiorno può e deve alzarsi con le forze di chi ci sta e di chi, come i giovani, scappano perché qui non trovano terreno di crescita personale.
Alle giovani generazioni va affidato il compito della creazione di una società meridionale più forte e coesa. Evidentemente perché i “meno giovani” da questo punto di vista hanno fallito e dovrebbero cominciare a darne conto, liberando l’agire di nuove forze.
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