In alto, un momento della commemorazione. Qui sopra, la storica Antonella Orefice durante la manifestazione

“Solo il popolo è sovrano, uguaglianza e libertà” questi gli ideali della Repubblica Napoletana cantanti ne L’inno patriottico, musicato da Domenico Cimarosa e scritto da Luigi Rossi. Ideali abbracciati e sostenuti a costo della vita dalla poetessa, giornalista e politica Eleonora Pimentel Fonseca, modello di donna all’avanguardia rispetto ai tempi, afforcata a piazza Mercato il 20 agosto 1799.

Eleonora, nata a Roma da genitori di origine portoghese, visse presso la corte borbonica di Napoli, fece un matrimonio infelice a causa delle continue violenze del marito, ottenuto il divorzio e dopo la morte del padre le fu riconosciuta un sussidio di dodici ducati al mese, sospeso poi dopo la sua adesione al giacobinismo. Donna colta, intelligente e appassionata fu protagonista della scena politica europea del XVIII secolo.
Proprio per commemorare la morte della direttrice del Monitore Napoletano, il 20 agosto nella Basilica del Carmine e poi in piazza Mercato, sul lato di Sant’Eligio, la storica  Antonella Orefice, autrice di numerosi saggi sulla Pimentel Fosenca, Nino Daniele, ex assessore alla cultura e al turismo del Comune di Napoli, Massimiliano Marotta, presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, e il professore Nicola Terracciano si sono riuniti nella sua memoria assieme alle numerose persone accorse per l’occasione.
Alle 19 il vento agita la bandiera della Repubblica mapoletana, assieme a quella italiana e quella francese, L’inno patriottico si eleva mentre gli attori Eduardo Esposito e Pina Farina, guidati dalla regia di Pasquale Della Monaco, Compagnia Vulcano Metropolitano, interpretano i momenti concitati della sentenza scagliata contro Eleonora. La sentenza fu una ritorsione dei Borbone e dell’ammiraglio Horatio Nelson, che tradiva il patto obligationes penes acta con cui era stata assicurata salva la vita alla Fonseca, a patto che si auto esiliasse.


Il professore Nicola Terracciano durante la manifestazione

L’invettiva di Maria Carolina d’Asburgo, interpretata da Pina Farina e tratta dal Rapporto al cittadino Carnot di Francesco Lomonaco, contro i Repubblicani e quelle scellerate donne giacobine, tra cui la sua ex amica Eleonora Pimentel, è carica d’odio.
«Forca e mannaia funzioneranno senza fermarsi, nelle mani di uomini scelti. Un solo piacere è più dolce dell’amore: la vendetta! Ho pronto una lunga lista: Gennaro Serra di Cassano, Michele Natale Vescovo di Vico, quel vigliacco. Tra i primi farò impiccare la marchesa del monitore, poi toccherà a Luisa Sanfelice, la traditrice di Baccher. Conto moltissimo sul Giudice Spezziale, che mi aiuterà ad attuare il mio ripurgo».

Maria Carolina ebbe in odio le idee illuministe che lei stessa aveva introdotto a corte. La morte per decapitazione di sua sorella Maria Antonietta in Francia fu per lei uno shock. L’orientamento di Maria Carolina era quello di un dispotismo illuminato; le idee che piano piano si fecero spazio nell’animo e nel pensiero politico di Eleonora Pimentel Fonseca erano quelle di una società egualitaria, in cui tutte e tutti sarebbero stati liberi.

L’attrice Pina Farina che interpreta le parole di Maria Carolina d’Asburgo

Dalle pagine del Monitore non mancò mai di denunciare gli eccessi dei francesi, giunti a Napoli più con l’intento di predare che di liberare.
La parabola della Repubblica napoletana, che per prima formulò leggi antifeudali e una costituzione veramente moderna, si concluse tragicamente anche a causa della solitudine in cui intellettuali e fautori politici della stessa si trovarono, di fronte a una vera e propria manovra internazionale volta alla conservazione dello status quo nel sud Italia, a opera degli inglesi che intendevano difendere i propri interessi.

«La memoria di Napoli sta rifiorendo” ha affermato la storica Antonella Orefice “la cultura va difesa in questo momento difficile che stiamo vivendo. Bisogna difendere la scuola e l’università per i giovani, perché è da lì che si prende la coscienza, perché è la cultura che rende le persone libere. E la memoria del ‘799 deve farci sentire orgogliosi, perché ci siamo resi grandi agli occhi dell’Europa, e il sacrificio dei protagonisti di quel momento non deve risultare vano».

Massimiliano Marotta,
presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

Durante la partecipata commemorazione, il professor Nicola Terracciano ha ricordato che nella Repubblica napoletana si trovano le fondamenta del Risorgimento e dell’Unità d’Italia.
In ragione di ciò e in polemica con le istituzioni, ha tenuto a sottolineare il diverso trattamento che le tombe dei sovrani borbonici, custodite nella chiesa di Santa Chiara di proprietà dello Stato, curate come luogo di memoria e inserite nei percorsi turistici, ricevono rispetto a quelle dei martiri precursori della Repubblica Italiana, presenti nella Basilica del Carmine, sempre di proprietà dello Stato, le quali non ricevono le medesime attenzioni conservative e di promozione turistica. Le lapidi a loro ricordo vengono infatti curate esclusivamente su sollecitazione dalla storica Antonella Orefice e dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, nelle persone del compianto avvocato Gerardo Marotta e di Massimiliano Marotta.

Massimiliano Marotta nel suo discorso ha parlato di affratellamento e amore tra i cittadini e le cittadine e ha voluto sottolineare l’importanza della memoria storica. Il suo pensiero è andato ma soprattutto alla scuola e agli studenti e le studentesse, augurandosi che l’educazione venga posta davanti al gioco politico, come avrebbero voluto Eleonora Pimentel Fonseca, Mario Pagano, Domenico Cirillo e Gennaro Serra di Cassano e, con loro, Gerardo Marotta filosofo e fondatore dell’Istituto, ricordato come “il bello”, appellativo che Platone dava a Socrate suo maestro.

Nino Daniele ex assessore alla cultura
e al turismo del Comune di Napoli

Nino Daniele in chiusura della manifestazione ha voluto raccontare del difficile percorso di riconoscimento dell’importanza degli eventi di piazza Mercato. Solo dopo lunghe trattative con la Sovrintendenza, infatti, riuscirono nel 2015 a ottenere un pannello commemorativo dei martiti del ’99 all’interno della Basilica del Carmine, al posto della targa precedentemente posta in loco nel 1999 e poi smarrita o trafugata. Assieme a Gerardo Marotta riuscirono a incidere anche una lapide sulla fossa in cui sono conservati alcuni resti dei martiri che, per secoli, erano rimasti anonimi.
Anche Daniele dedica un pensiero ai tempi correnti e alle possibilità di rielaborazione che presentano.
«Dopo gli ultimi eventi della pandemia dovremmo fare un’opera di ripensamento pari a quella che l’Europa fece dello ius gentium, pensò un nuovo mondo dopo gli anni delle guerre di religione e degli orrori che la scoperta dell’America, i genocidi che li venivano consumati in nome della supremazia e dei poteri imperiali. Cominciò una nuova pagina della storia, del pensiero dell’umanità e del progresso. Forse oggi avremmo bisogno di qualcosa che abbia questa stessa importanza e capacità di rivoluzione spirituale».

Il Monitore Napoletano, Guida Editori, 1999

Ricorda Nino Daniele che in occasione dell’assassinio di Khaled Asaad, direttore del Museo Archeologico di Palmira, Gerardo Marotta disse: «Quando si spegne la ragione, si spegne la dignità degli uomini, quando prevalgono i fondamentalismi e i totalitarismi, cioè quando la libertà viene messa in discussione e quando la cultura viene schiacciata sotto il tallone del’oppressione tutto va in discussione. Il segreto della vita è la bellezza, la cultura e quindi il segreto della libertà è la conoscenza, la bellezza della conoscenza».
Ed è proprio nel segno della libertà e della conoscenza che si è commemorata una delle più grandi donne di Napoli e della storia europea, Eleonora Pimentel Fonseca.
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