Jacopo Di Cera, fotografo milanese, è al Pan, Palazzo delle Arti di Napoli, con la sua personale “Fino alla fine del mare” a cura di Auronda Scalera, in collaborazione con Marina Guida, con il patrocinio dell’assessorato alla cultura e turismo del Comune di Napoli e di quello di Lampedusa. Sono 30 opere ispirate da Lampedusa, terra di approdi, speranze, sogni per chi, vittima della disperazione, rischia la vita in mare per fuggire da guerre, dittature, miseria, violenze.
Sono immagini dense di vivace cromatismo, stampate in alta definizione su fasce di pioppo, resinate a mano. Non si narra, simbolicamente, l’antico errare dell’uomo per conoscere, per avventure, per il felice turista. Nessun migrante è Ulisse. Ognuno lascia alle spalle, come lui, una citt  morta per una guerra. Il suo viaggiare non è un ritorno nella propria citt  natia ma alla ricerca di una nuova patria, di nuovi affetti, di una vita degna di essere vissuta da uomo e non da schiavo.
L’arte di Jacopo si ispira ai temi dell’Odissea il viaggio, l’isola, il legame, la lotta, la salvezza, il ritorno. Cinque immagini per ogni tema. «Il punto di vista originale dell’artista non ci traspone immagini crude, ma attraverso un gioco di rimandi cromatici che si rifanno più all’arte di Mark Rothko e Yves Klein, ci spiega la metafora del viaggio, del naufragio e della salvezza», scrive Scalera.
Il pioppo, legno usato per costruire barche, è il simbolo del viaggio e del raccontare ai posteri la pergamena e la pagina di un libro che per Jacopo diventa come quella decorata a mano da antichi monaci. Il viaggio, il mare, l’isola, sono una unica soglia tra passato e futuro. Tra acqua e terra, per giorni e mesi, si mescolano i reciproci respiri, lacrime, dolori, speranze, illusioni, di uomini donne bambini.
Jacopo, mescolando colori su fasce di pioppo, quasi ancora vivo con corteccia ai alti, fotografa questi vari attimi vissuti dagli emigranti. Nelle foto non troviamo paesaggi, volti, corpi, nudi, ma le mute emozioni dense di travagli e incertezze che non possono essere raccontate in immagini.

La lucida resina diventa specchio su cui il fruitore, auspicando la fine di questi perigliosi transiti, rivede il suo opaco riflesso
mescolata tra i colori che sono il mistero del viaggio, l’inquietudine struggente, i sussulti di giorni vissuti tra sabbia del deserto e onde minacciose.

La lucentezza delle immagini e la vivacit  cromatica esprimono visioni ottimistiche.
Sono un augurarsi a breve della fine di vivere tra morte e miseria, di navigare tra flagellanti tempeste mentali, di sogni che si infrangono sugli scogli, di corpi privi di vita che si arenano sulla spiaggia. Questi strazianti viaggi termineranno solo quando cesser  la mostruosit  dei politici europei, non statisti lungimiranti, privi di umanit , che preferiscono esclusivamente il potere.

La mostra è stata presentata al Mia Fair di Milano in aprile,
poi al Palazzo Velli Expò di Roma, al festival di fotografia d’Arles e al festival Con-Vivere di Carrara. Il ricavato della vendita sar , in parte, devoluto ad alcune ONG e ONLUS, che lavorano a sostegno degli emigranti. Aperta fino al 17 ottobre, ingresso gratuito, al 2 piano del Pan in via dei Mille 60 nei feriali dalle 9,30 alle 19,30; domenica e festivi dalle 9,30 alle 14,30; marted chiuso.

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