Complici la mite serata, rischiarata da una mezza luna, e la suggestiva cornice dell’Arena di Pietrarsa, le sagome geometriche dei capannoni sapientemente ammorbidite da sobrie luci colorate – e sullo sfondo di una più terragna e pacifica “avant première pro Palestina” inscenata all’ingresso, al ritmo familiare di una tammurriata di denuncia, “Israele danza su terra rubata” -la israeliana Vertigo Dance Company ha inaugurato ancora una volta, e alla grande, la VII edizione del “Napoli, Teatro Festival Italia”, con una nuova coreografia Reshimo, offerta al pubblico in prima mondiale.

Dopo i consensi ottenuti con Null (2012) e Birth of Phoenix (2013) Noa Wertheim si cimenta con il tema della Reminiscenza (reshimot),
secondo i dettami della qabbalh, la summa degli insegnamenti esoterici e mistici propri dell’ebraismo. Ma va anche oltre, allargando la sfera della passione a tutto ciò che cade nello Spazio/Tempo.

Entrano in successione quattro coppie di danzatori, su un palco unico al mondo, perch esibisce come fondale lo scenario naturale di Posillipo e Mergellina illuminati. Si dispongo a terra e mimano la trasformazione della pura materia in vita, rievocando la creazione e l’ intervento della Luce.
Strisciano, si contorcono, si producono in mosse particolarissimeuna caratteristica distintiva dell’originale linguaggio coreografico della Wertheim una continua, ardita sfida al baricentro naturale del corpo, che rivela in pieno la grandezza dei danzatori, la cui leggerezza si fa forza levitante, in contrasto con le leggi di gravitazione e l’esigenza della stabilit .
La Luce della creazione parte e riempie di s, d  l’imprinting, l’impronta, la formazione originaria che permane in ciascuno in formadi desiderio, in una dialettica perennemente in bilico tra sensualit  e ascesi, specchio della natura composita di noi umani, tra movimenti ora morbidi ora meccanici e a scatti, in un gioco creativo che alla maniera del lavoro del mimo decostruisce il corpo “quotidiano” per riassembrarlo non corpo artistico. Nel segno del controllo più assoluto.
Infrangendo le tradizionali barriere e gerarchie della danza classica, Yael Cibulski, Micah Amos, Tomer Navot, Sian Olles, Marija Slavec, Eyal Vizner, Emmy Wielunsk, Yuval Lev giocano in uno spazio scenico senza distinzione di ruoli, talvolta impegnati in entrate in diagonale a canone, una citazione che ricorda gli schemi classici. In una sapiente alternanza nella quale ciascuno trova la possibilit  di mostrare anche le proprie qualit  solistiche.

Un’ora intensissima e in crescendo, un susseguirsi di “quadri” diversificati dalla musica di Ran Bagno
che, assecondando perfettamente l’intenzione coreografica di declinare sensualit  e misticismo, unisce ecletticamente citazioni di generi musicali eterogenei, passando da quelle sudamericane di Brazil alla gravit  meditativa del violoncello, alle dominanze percussive afro, le più indicate per accompagnare il movimento tribale, più vicino alla umanit  dei primordi. Il light design di Dani Fishof segue e segna con opportuni chiaroscuri ed effetti luce l’avvicendarsi dei vari stati d’animo espressi dai danzatori vestiti da Rosie Canaan, i cui costumi variegati e casual sottolineano l’universale condivisione delsentimento del Reshimo, a prescindere da ogni appartenenza sociale.

Alla fine, su un autunnale letto di foglie cadute,
l’arena gremita risponde con applausi lunghi e convinti. Si replica stasera 7 giugno alle 21.30.

Per saperne di più
www.napoliteatrofestival.it/

In foto, un momento di "Reshimo"

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