Le disobbedienti/ Edvige Mrozowska, esploratrice che cercava uno spazio di libertà. Racconti di viaggio tra stile lirico e rigore scientifico

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«Il mondo dell’esplorazione, così come la storia della geografia e della cartografia, sembra una “storia senza donne”. In realtà, ci sono nuove mappe, frutto della partecipazione femminile, che ci parlano di donne straordinarie che seppero aggirare i pregiudizi di genere e lasciarono la loro impronta»  scrive Alessandro Pellegatta in “Edvige Mrozowska. Storia di un’esploratrice” da poco pubblicato da besa muci.
Una biografia, molto interessante, di Jadwiga Stanisława Mrozowska (1880-1966) che, nata in Polonia, studiò musica e si appassionò al teatro fino a quando arrivata in Italia, con passaporto austriaco, fu accusata di spionaggio e reclusa a Perugia. Da quel momento la sua vita prese un’altra direzione, sposò l’aristocratico polacco che l’aiutò a tornare in libertà, Giuseppe Toeplitz banchiere alla guida della COMIT.
Edwige – questo il nome italianizzato di Jadwiga – accoglieva nel suo salotto gli ospiti da ottima padrona di casa ma si annoiava, avvertiva il bisogno di dedicarsi a qualcosa che suscitasse il suo interesse e l’appassionasse, decise di viaggiare.
I suoi furono viaggi di esplorazione e scoperte geografiche, storiche ed etnografiche sostenuti – economicamente e attraverso un sistema di relazioni – dal marito, dalla Società Geografica Italiana e anche, in un certo periodo, dal governo fascista.
I suoi sono racconti di viaggio, spiega l’autore, caratterizzati da uno stile lirico e dalla precisione e il rigore scientifico che si rinvengono anche nel lavoro di annotazione e mappatura di territori sconosciuti che permise lo sviluppo di una cartografia divenuta punto di riferimento per la politica degli Stati nella definizione dei confini.
A proposito dello stile di Mrozowska, Pellegatta si sofferma sul percorso culturale dell’esploratrice spiegando: «Il genere della letteratura di viaggio di quegli anni era pertanto più legato alla memorialistica e all’elzeviro che alla geografia e all’etnografia. Edvige, in realtà, era stata naturalizzata italiana ma era polacca di origine e aveva sangue europeo nelle vene: in gioventù aveva coltivato interessi e passioni culturali ampie, non necessariamente legate a un preciso contesto territoriale. Era una specie di apolide che aveva assimilato gli stimoli della cultura europea (Italia compresa) e zarista, e in quegli anni la Russia zarista era (per evidenti ragioni politico-territoriali) contigua alle regioni remote dell’Asia centrale, del Tibet e dell’Afghanistan. Pertanto, Edvige poteva disporre di quell’ampiezza di respiro culturale necessaria per produrre un autentico libro di viaggio. L’approccio di Edvige trascendeva i condizionamenti del nazionalismo fascista: anzi, la sua cultura era antinazionalista e orientata all’esoterismo, all’orientalismo e all’universalismo». 
Durante i suoi viaggi affrontò condizioni estreme – gelo, zone desertiche, mancanza di cibo e di medicinali – arrivando in luoghi dove ancora nessuno si era spinto. Per la prima spedizione scelse il Kashmir e i giardini Moghul dove si recò alla ricerca di quell’altrove che la spingeva a partire approfondendo la conoscenza delle filosofie orientali ma la notorietà la raggiunse nel 1929 in seguito alla spedizione nel Pamir intrapresa su proposta della Società Geografica Italiana, una spedizione scientifica tra i monti ai confini dei territori oggi denominati Tagikistan, Kirghizistan, Afghanistan e Cina: «42 giorni di marce effettive, compiute in condizioni spesso assai dure, percorrendo a piedi o a cavallo circa 1.800 chilometri» durante i quali individuò sentierie un passo – nella valle del Kara-su- che ricevette il suo nome.
«Il marito, Giuseppe Toeplitz, comprese ben presto la vera vocazione di Edvige e l’aiutò a organizzare i suoi viaggi in quei lontani paesi, dove poche viaggiatrici, o forse nessuna prima di lei, avevano messo piede. Le importanti relazioni politiche del marito banchiere le garantivano sostegno e accoglienza anche nei luoghi più impervi e isolati. Così Edvige, di origine polacca, divenne quasi un’ambasciatrice d’Italia, stimata da tutti. La prospettiva di andare lontano conveniva in fondo anche al grande banchiere della COMIT, che poteva godere così delle positive risultanze delle esperienze esplorative della moglie, in anni in cui le relazioni col mondo politico italiano, e in particolare con Mussolini, erano sempre particolarmente delicate e complesse».
Mrozowska raccontò i suoi viaggi, l’esplorazione del Pamir in un libro pubblicato dalla Società Geografica Italiana (1930), “Visioni orientali”, in cui descrisse le vie carovaniere dell’Asia centrale, in altri due pubblicati da Mondadori (1930-33) e in diverse conferenze in cui illustrò l’Oriente attraverso i suoi occhi. 
Il suo bisogno di silenzio, contemplazione, spiritualità e scoperta di spazi aperti e poco violati dall’Uomo si contrapponeva a una visione occidentale costruita sul progresso: «In una conferenza del 1928 dedicata allo “spirito dei monti”, Edvige parlò della cosiddetta “maledizione della sazietà” che colpiva la civile Europa. Nel silenzio della natura dell’Asia centrale dell’Himalaya, a volte paradisiaca, ma spesso ostile e selvaggia, si sentiva appagata, poiché vi ritrovava saggezza e rinuncia, i germi autentici della felicità. Quei monti altissimi, per Edvige, non erano un ostacolo bensì un’inesauribile fonte di ispirazione. Diceva: “Meglio contender passo passo la salita, che vegetare ai suoi piedi, nell’opulenza senza virtù, che vivere, chiusi nel guscio, la vita senza spazio e senza libertà”.
Nel 1933 fu pubblicato Sine Ira. Nel paese dell’U.R.S.S. (Riflessioni di chi ha vissuto sotto il regime zarista e viaggiato nel paese dell’U.R.S.S.) nel quale affronta il ruolo delle donne nella società russa soffermandosi sull’impatto che la loro azione ebbe come innesco della Rivoluzione d’ottobre e del come queste furono, poi, riconfinate in ambito domestico.
L’autore si sofferma anche sulle altre figure di esploratrici italiane ricordandole: «Cristina Trivulzio di Belgiojoso (1881-1871), la prima vera viaggiatrice italiana, che giunge fino in Medio Oriente. Carla Serena (1820-1884), sposata a un italiano ma di origine belga, compì invece ben due viaggi nel Caucaso – in regioni tutt’ora poco turistiche – e tra il 1877-78 si recò anche in Iran, svelando i misteri del mondo femminile islamico, confinato negli harem, e stuzzicando l’immaginazione maschile europea Amalia Nizzoli (1805-?) arrivò in Egitto a soli 14 anni, al seguito dei genitori. Sarà un’osservatrice davvero speciale delle donne arabe, non solo perché donna ma anche perché in grado di comunicare con loro in arabo e dunque di sfatare tanti pregiudizi.  Un’altra figura davvero interessante (e quasi sconosciuta) è quella Carla Novellis di Coarazze (1865-?), moglie del barone Carlo Maria Novellis di Coarazze (1855-1910), che viaggiò in Estremo Oriente nei primi anni del Novecento al seguito del ma¬rito, al quale era stato affidato l’incrociatore della Regia Marina Marco Polo. Lasciò un diario intitolato Cina e Giappone ancora inedito Rosalia Bossiner (nn), bellunese di origine, dopo aver sposato il colonnello Domenico Pianavia Vivaldi (nn), comandante delle truppe di Asmara, dal 1892 al 1896 seguì il marito nella Colonia Eritrea (Tre anni in Eritrea, 1901) nel quale raccolse molte osservazioni sui riti e costumi delle popolazioni indigene, il tutto arricchito da fotografie da lei stessa scattate Alba Felter, figlia di Pietro (1856-1915), nominato agente segreto italiano ad Harar il 12 novembre 1893, vera e propria “pioniera della modernità femminile”».
Pellegatta propone una biografia attenta in cui trovano spazio le vicende del marito, intrecciate alla storia economica italiana con l’ascesa della banca Commerciale, quelle del figlio da lui avuto dal primo matrimonio e quelle di Edwige, una donna fuori dall’ordinarietà.
Leggere il lavoro di un uomo speso per trarre dall’oblio la vita di una donna che, infrangendo le regole sociali della propria epoca, aprì nuove strade – in senso letterale e figurato – è sempre fonte di speranza per il raggiungimento di un modello sociale in cui le donne “disobbedienti” non dovranno più essere additate, rinchiuse e punite.
Edvige Mrozowska cercò uno spazio di libertà e scoperta dove appagare un bisogno di altrove che si tradusse in conoscenza comune di nuovi territori mostrando che anche le donne potevano scegliere ambiti diversi da quelli domestici, ambiti ritenuti di esclusivo appannaggio maschile.  
©Riproduzione riservata
IL LIBRO
Alessandro Pellegatta
Edvige Mrozowska. Storia di un’esploratrice
besa muci
pagine 176
euro 18

L’AUTORE
Alessandro Pellegatta è nato nel 1961 a Milano, dove vive e lavora. Si dedica da anni alla letteratura di viaggio. Per Besa editrice ha già pubblicato i reportage Agim. Alla scoperta dell’Albania (2012), Oman. Profumo del tempo antico (2014), La terra di Punt. Viaggio nell’Etiopia storica (2015), Karastan. Armenia, terra delle pietre (2016), Eritrea. Fine e rinascita di un sogno africano (2017).

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