Le disobbedienti/Lady Elisabeth Webster Holland: la donna che fondò la casa d’Europa, salotto tra intellettuali, esuli e politici

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1747

Non tutti amano le biografie, a me piacciono molto perché offrono l’opportunità di conoscere le persone, l’epoca in cui hanno vissuto e ragionare su parallelismi, confronti e tratti in comune tra le loro vite, le scelte che hanno compiuto, le difficoltà che hanno dovuto affrontare e come le hanno superate e quelle di altri.
Le biografie sono come un puzzle, ognuna regala un tassello per orientarsi nella comprensione di un periodo storico ricco di pensiero filosofico, arte, letteratura, scienza, sussulti e passi in avanti. «Sono lasciata sola a vent’anni in un paese straniero senza un vero amico, eppure trascorro le ore più felici della mia vita» sono le parole tratte dal diario di Lady Elisabeth Webster Holland cui è dedicato il lavoro di Anna Pia Giansanti “Lady Elisabeth Webster Holland. Regina d’Europa” per Ventura edizioni.
Il libro è ricco di spunti di riflessione, informazioni storiche e notazioni interessanti e -soprattutto – ha il merito di far conoscere una donna intraprendente e dotata di un pensiero critico e indipendente.
La protagonista, figlia di un proprietario di piantagioni di zucchero in Giamaica, viene data in matrimonio all’età di quindici anni al baronetto Sir Godfrey Webster che di anni ne ha trentotto e verso il quale non riuscirà a nutrire nessun sentimento d’amore.
Per sfuggire alla routine della noiosa vita nella campagna inglese del Sussex Elisabeth intravede una via di fuga in quel viaggiare che all’epoca era in gran voga: il Grand Tour. Un attraversamento della Francia e della Svizzera per giungere in Italia dove visitare le città d’arte, le località archeologiche, le bellezze paesaggistiche e intrattenersi con la comunità di compatrioti semi stanziali.
Un lungo peregrinare che contemplerà soste a Firenze, nascite, gite e studio della letteratura classica e italiana. L’analisi dei diari, nella ricostruzione presentata dall’autrice, mostra un aspetto interessante dell’odeporica femminile: l’attenzione all’antropologia, la politica e lo sviluppo sociale dell’Italia.
Il 1791 è l’anno in cui Elizabeth Webster intraprende il suo Grand Tour, quel viaggio di formazione che gli uomini dell’upper class – e tutti quelli che potevano permetterselo – compivano per perfezionare la propria crescita intellettuale e caratteriale prima di far l’ingresso nella vita adulta, tappa fondamentale del percorso di vita, e le donne, quando partivano loro alla volta dell’Italia? Appena se ne presentava l’opportunità.
Torino, Venezia, Firenze e la campagna Toscana, Roma, Napoli e i suoi dintorni e talvolta la Sicilia. Le donne affrontavano questo viaggio documentandosi sull’abbigliamento, gli usi e i costumi, le località da visitare e le precauzioni da prendere per tutelare la salute, soprattutto, dei bambini la cui mortalità era molto alta.
Quest’ultimo punto è particolarmente interessante perché nei diari, di cui si racconta nel libro, vi è la testimonianza di come nel 1794 Lady Webster scelse di far vaccinare i figli contro il vaiolo seguendo le orme di Lady Mary Wortley Montagu che avendo contratto il morbo in gioventù si era dedicata a cercare un metodo di cura che trovò durante il soggiorno in Turchia al seguito del marito. Il metodo, basato sulla pratica dell’”innesto”, l’inoculazione di pus infetto in un soggetto sano, apre la strada a un nuovo approccio medico, in ottica moderna, quello della profilassi.
Un’altra interessante informazione riguarda la frequentazione di corsi di chimica avvenuta nel 1792 a Torino dove Elizabeth osservò un esperimento di stimolazione elettrica su una rana, saranno gli stessi esperimenti che colpiranno l’immaginazione di un’altra giovane inglese durante il suo Grand Tour in Italia al punto da ispirarne il capolavoro letterario con cui creò un genere letterario, quello della fantascienza, Mary Shelley.
“Frankenstein o il moderno Prometeo” fu scritto fra il 1816 e il 1817 e l’idea della creazione di una vita umana attraverso la conduzione elettrica, processo creativo che innescherà gli interrogativi etici sulla vita e la morte, prende spunto proprio dagli esperimenti di Galvani sulle rane.
Tra le due donne ci sono anche altre affinità, Elizabeth prima e Mary poi ameranno l’Italia e i suoi abitanti non sposando le versioni oleografiche ricche di di mandolini e pescatori scalzi né quelle condivise dagli uomini con cui viaggiavano, Lord Webster e Percy Bysshe Shelley, che provavano un senso di neanche troppo mal celato fastidio nei confronti di un popolo da loro ritenuto pigro e stolido.
Nel 1793 Elizabeth è a Napoli dove si commuove davanti alla bellezza della luna che si specchia sul mare e allo scioglimento del sangue di San Gennaro in occasione di uno dei suoi miracoli: «Nella mia vita non ho mai sperimentato un tale grado di felicità: è l’appagamento della mente e dei sensi. Il tempo è delizioso, veramente italiano, la notte serena, con l’aria profumata della fragranza del fiore d’arancio» ma è a Firenze che la sua vita cambierà, nella casa dove si cementerà l’amore tra lei e Lord Holland da cui scopre di aspettare un figlio.
Cosa fare? Una donna che chiedeva il divorzio veniva messa al bando, perdeva i diritti sui figli e la posizione economica, non veniva più ammessa a corte né nei consessi sociali fino a quel momento frequentati. Nonostante fosse consapevole di cosa l’aspettasse Elizabeth affrontò lo scandalo. Tentò di limitare i danni mettendo in atto una macabra messa in scena, riportata da Lord Byron in versi per i quali anni dopo chiederà scusa, con la morte fittizia della figlia e un suo occultamento al fine di tenerla lontana dal padre per potervi ricongiungersi passata la tempesta.
Dopo il divorzio per lei, ancora giovane, iniziò una seconda vita allietata dall’amore corrisposto da un uomo mite, socievole e di buon carattere e da altri figli, una vita che necessitava di una ricostruzione dei rapporti sociali soprattutto per favorire la carriera politica del secondo marito.
In quegli anni le donne tenevano le fila del partito whig creando occasioni di incontro e dibattito e arruolando giovani promettenti. I primi cinque anni di matrimonio li dedicò a costruire Holland House e il famoso salotto definito “La Casa d’Europa” dove si incontravano intellettuali, aristocratici, artisti, letterati, scienziati, esuli e politici.
Madame de Stael partecipò spesso a cene e ricevimenti, l’esule Ugo Foscolo e tanti altri ne furono ospiti. Un castello con dei bellissimi giardini, una delle prime residenze di Kensington, fornito di una grande e ricca biblioteca dove l’essere invitati era cosa assai ambita.
Alla morte di Lord Holland il salotto si trasferirà, insieme con Elizabeth, in una casa dove trascorrere il resto dei giorni. I giudizi sul carattere e la personalità della protagonista sono diversi e l’autrice accosta all’analisi dei diari, attraverso cui riscostruisce la biografia, i commenti di quanti la conobbero.
Fu una donna generosa ma autoritaria, amorevole ma dispotica, amabile nella conversazione ma autoritaria nel condurla, le opinioni espresse e tramandate sono diverse e risentono della singola esperienza personale ma quel che le accomuna è il riconoscere la vivacità intellettuale e lo spirito brillante di una donna che creò un luogo di incontro improntato alla libertà di pensiero in cui le diverse convinzioni avevano diritto di cittadinanza. 
Lady Elisabeth Webster Holland non si diede mai per vinta, non si arrese di fronte alle difficoltà e credette fermamente nel potere dell’amore e nell’importanza delle relazioni intese come patrimonio indispensabile a costruirsi una carriera e un posto nel mondo.
Un’altra donna la cui storia è stata tratta dalle pieghe del tempo per essere conosciuta, un’altra storia da conoscere per comprendere l’evoluzione dei rapporti tra uomini e donne attraverso i cambiamenti dei modelli socio economici. Grazie a chi ha dedicato il suo tempo a studiarne la vita e a scriverne e a chi ha creduto nel suo lavoro.
IL LIBRO
Anna Pia Giansanti,
Lady Elisabeth Webster Holland. Regina d’Europa,
Ventura edizioni
pagine 199
euro 15
L’AUTRICE
Anna Pia Giansanti è storica dell’arte. Vive a Senigallia e svolge attività di docente e conferenziera in tutta Italia, presso Università, Istituti e Associazioni culturali sia pubbliche che private. Ha pubblicato numerosi saggi e articoli in materia di Arte e Archeologia e i libri: La Maddalena di Senigallia, cronaca di un viaggio da leggenda a realtà, Mediateca delle Marche 2011; Angelica Catalani, la cantatrice dei re, Le Affinità elettive 2014; Facciamo la Santa Monica? Storia e Storie di un rito predittivo tra devozione, arte e magia, Ventura Edizioni 2016.

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