Le disobbedienti/ Kiki, regina di Montparnasse: intellettuale e artista irriverente. Diva della realtà, musa di Man Ray

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Ci sono fotografie che diventano iconiche assurgendo a simboli, immagini che condensano un periodo storico, una corrente artistica, un movimento letterario, un fermento culturale, una generazione o una suggestione. È il caso di “Le violon d’Ingres” di Man Ray in cui Kiki de Montparnasse – al secolo Alice Ernestine Prin (1901-1953) – è ritratta di spalle con la schiena nuda su cui sono sovrapposte i due tagli ad effe tipici del violoncello.
Il titolo rimanda a un modo di dire il cui significato riguarda una passione, una fissazione, per una attività che si predilige e al lavoro del pittore dell’Ottocento Jean Auguste Dominique Ingres che fu anche musicista.
In molte e molti ricordiamo quella fotografia e chi la scattò ma in quante/i conoscono il nome e la storia della donna ritratta? Mark Braude nella biografia ”Kiki di Montparnasse. Artista, intellettuale, musa fra Modigliani e Man Ray” pubblicata da Beat edizioni la racconta.
Nata in un villaggio della Borgogna, Alice fu affidata, dalla madre in partenza per Parigi in cerca di fortuna, alla nonna. Figlia illegittima non ha rapporti con il padre. La sua fu una infanzia povera ma non priva di affetto fino a quando, adolescente, raggiunse la madre. La ricongiunzione familiare non durò a lungo e Alice dovette cavarsela da sola.
Arrivata la grande guerra lasciò Parigi per Troyes dove visse con la zia Laure e andò a lavorare in fabbrica guadagnando più che nella capitale. Il soggiorno durò poco, si ferì a un piede e tornò a Parigi dove la madre le trovò lavoro e alloggio presso un fornaio, ma anche questa esperienza ebbe breve durata e – dopo aver messo ko con un pugno la moglie del fornaio che l’aveva chiamata puttanella perché aveva usato dei fiammiferi bruciati per scurirsi le palpebre- incontrò uno scultore, cliente abituale della panetteria, per cui andò a far da modella.
La madre lo scoprì, fece irruzione durante una seduta di posa ed ebbe per lei lo stesso apprezzamento della moglie del panettiere. Da quel momento i rapporti tra loro si interruppero anche se Kiki, in seguito, le pagherà le cure mediche.  Fatta eccezione per un periodo di lavoro nell’industria bellica soffrì la fame, convisse con un uomo che tentò di diventare il suo sfruttatore avviandola alla prostituzione e cercò di sopravvivere fin quando iniziò a frequentare il Café de la Rotonde dove gli artisti e le modelle si incontravano.
Finita la guerra, Montparnasse, con i suoi cafè, divenne il luogo in cui gli artisti francesi, italiani, americani e inglesi trovarono l’ambiente giusto in cui lavorare. Gli anni Venti con il dadaismo e il surrealismo furono un grande laboratorio di sperimentazione collettivo in cui le arti, dialogando, traevano mutua ispirazione: scultura, pittura, fotografia, letteratura, danza.
Gli artisti non si limitavano ad esprimersi con un unico linguaggio, spaziavano dall’uno all’altro costruendo percorsi non lineari, assecondando la propria curiosità e contaminando tecniche e materiali. Dettero vita ad una atmosfera feconda in cui coltivare la creazione artistica, abbatterono i confini formali tra le discipline espressive per dar luogo a nuove concezioni di spazio, materia, colore e rappresentazione del pensiero.
Gli anni tra le due guerre – e la crisi del ’29 negli Stati Uniti – rimescolarono le carte creando nuovi canoni artistici. Modigliani, Heminguay, Picasso, Matisse, Barnes, Stein, Duchamp, Breton, Cocteau, Flanner e Man Ray sono alcuni dei membri della comunità artistica di Montparnasse di quell’epoca cui si aggiungono quelli raccontati da Shari Benstock in“Donne della rive gauche. Parigi 1900-1940” /.
Secondo Marcel Duchamp, la comunità di Montparnasse fu “il primo gruppo di artisti davvero internazionale che abbiamo mai avuto e fu proprio questo “internazionalismo”, con la sensazione di apertura e di possibilità che ne derivò, a renderlo superiore a qualunque altro centro artistico del secolo”.
Gli artisti americani andavano a Parigi alla ricerca di un ambiente stimolante per l’arte contemporanea, vi arrivavano per diventare parte di quel fermento che funzionava da lievito facendo nascere e sviluppare idee e progetti che in patria mai avrebbero potuto esistere. Con Salomon R. Guggenheim e la nipote Peggy – attraverso i rispettivi e differenti percorsi di scouting e collezionismo –l’arte contemporanea sbarcherà oltre oceano facendo conoscere i talenti e i movimenti artistici europei.
Nel 1919 Mendjizky dipinge Alice e la chiama Kiki, un nomignolo usato per designare diverse cose ma che a lei ben si attaglia. Alice diventa Kiki: caschetto nero, naso appuntito e un corpo seducente di cui ha piena consapevolezza. Il suo è un talento poliedrico: posa come modella, canta e balla esibendosi nei cafè, dipinge, disegna, recita, scrive le sue memorie ed è più che musa e ispiratrice- suggerisce l’autore – ma co-autrice del lavoro di Man Ray.
Braude ricostruisce il rapporto tra i due narrandone gli alti e i bassi, le divergenze caratteriali, la velata gelosia di lui per il talento di lei e il suo ruolo nelle fotografie di lui. Finito il loro rapporto Kiki conobbe altri uomini, andò avanti per la sua vita – che nelle descrizioni delle esibizioni di canto e danza, unite all’infanzia poverissima e la generosità – riporta alla mente la biografia di un’altra tra #ledisobbedienti, quella scritta da Gaia de Beaumont per raccontare Josephnie Baker
La fotografia scelta per la copertina, Noir et Blanche del 1926, è un lavoro di Man Ray e Kiki che riflette il pensiero dominante sul rapporto tra i bianchi e i neri su cui Braude si sofferma: “Se glielo avessero chiesto, molto probabilmente Kiki e Man Ray avrebbero negato di disdegnare qualcuno per la sua diversità, anzi, avrebbero dichiarato l’opposto, aggiungendo che desideravano, frequentavano e collaboravano con persone di tutte le razze. Tuttavia entrambi manifestavano il razzismo tipico di gran parte dei loro contemporanei e di molti di coloro che avevano i loro stessi retroterra culturali: nel migliore dei casi indifferenti e altezzosi, sprezzanti nei confronti dell’alterità, da cui erano al tempo stesso affascinati e spaventati. Idealizzavano, erotizzavano e demonizzavano la gente nera”.
In uno spettacolo tenuto il 30 maggio del 1929 Kiki viene incoronata regina di Montparnasse perché ne incarna lo spirito dell’epoca. La sua salute risente dell’eccesso di alcol e di droghe, si disintossica, e torna a drogarsi. L’autore la tratteggia come una donna autentica, irriverente, coerente, generosa, intellettualmente curiosa.
Nel 1929 esce la sua autobiografia, una conferma del talento nel saper usare tecniche narrative differenti per raccontarsi e raccontare: il canto, la danza, la recitazione, la pittura, il disegno e la presenza scenica negli scatti fotografici. Una autodidatta guidata dalla determinazione, la curiosità e la passione. Gli anni tra i due conflitti mondiali furono un periodo in cui chi era sopravvissuto all’orrore della grande guerra voleva sentirsi vivo, dimenticare e sconfiggere la morte: “La mia generazione voleva essere viva a tutti i costi, Volevamo amare la vita, per la quale avevamo buone ragioni di provare disgusto. E l’amammo. Il male più grandi era essere morti” sono le parole di Philippe Soupalt riportate nel testo da Braud.
Kiki morì nel 1953 e fu sepolta nel cimitero Thiais, quello dei poveri. Fu una diva della realtà in tempi surreali. Non dominò un’era. Creò la propria, secondo i propri ritmi”.
©Riproduzione riservata
IL LIBRO
Mark Braude,
Kiki di Montparnasse. Artista, intellettuale, musa fra Modigliani e Man Ray, Beat edizioni
Traduzione di Alessandro Zabini
Pagine 283
euro 19,00

L’AUTORE
Mark Braude, nato a Vancouver, è uno storico della cultura. Ha studiato negli Stati Uniti, conseguendo un Master in romanistica alla NYU e un dottorato in storia delle arti visive alla University of Southern California. Ha studiato poi presso l’American Library a Parigi ed è stato postdoctoral fellow, oltre che lecturer, presso l’università di Stanford. Ha collaborato con diverse testate: The Globe and Mail, The Los Angeles Times e New Republic. È autore di The Invisible Emperor, Making Monte Carlo. Kiki di Montparnasse è stato selezionato fra i Best Books of 2022 dal New Yorker e come Editors’ Choice dal New York Times. Vive a Vancouver con la sua famiglia.

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