Les Flâneurs Edizioni/ “Vuoto”: Ilaria Palomba racconta la paura dell’abbandono

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La psiche guardata in modo lucido e con estrema sincerità sono il fulcro centrale di “Vuoto”, il nuovo romanzo della napoletana Ilaria Palomba, edito da Les Flaneurs Edizioni. L’autrice racconta il trauma dello stupro mai superato, avvenuto nel Salento. Nel testo saranno raccontati i segreti, le ansie, i tormenti che ancora albergano nel cuore della protagonista, incapace di voltare pagina e abbandonare i suoi mostri.
Uno degli argomenti centrali, nella nuova opera della Palomba, è la salute mentale. Le crisi psicotiche, i ricoveri, l’uso massiccio di xanax, arricchiscono il testo di informazioni fondamentali circa la prevenzione e lo stare male, che nel giro di qualche secondo può tramutarsi in un gesto da cui non si torna indietro.
L’autrice racconta di quelli che nel gergo comune sono definiti -matti- e basta, senza tener conto del bagaglio illusorio e di come la vita possa scalfire la mente altrui, rendendola un pozzo nero. 
A dare man forte a tali problematiche, appare la promiscuità della protagonista. Il suo è un modo di vedere il sesso libero e vorace, al tempo stesso, tale libertà la espone a rischi non indifferenti.
È il caso di Dario, l’uomo che trova spazio in diversi capitoli. Il loro è un rapporto malsano, fatto di prevaricazioni e istinti animaleschi. L’autrice racconta la loro liason attraverso atti sessuali, scambi di coppia, in passaggi ad alta tensione erotica, senza mai risultare volgare o troppo eccentrica. La sessualità raccontata dalla Palomba è una di quelle vissute ad occhi aperti, senza nascondersi dietro ad un dito. Essa è priva di giudizio, di nomi, sesso, è un lanciarsi verso il piacere, tipico di chi ha voglia di essere libero senza catena alcuna.
Tuttavia questa forma di libertà sessuale, peggiora le condizioni della protagonista, i rapporti occasionali con uomini e donne della sua vita, la spingono in mare aperto, senza possibilità alcuna di ristorare in maniera stabile nella vita di chi intende realmente farle del bene. Da ciò se ne ricava un grande problema, sapientemente raccontato dall’autrice: la paura dell’abbandono.
La protagonista sembra attaccarsi a chiunque le dimostri affetto, complice l’ansia di restare da sola, fare i conti con sé stessa, accontentarsi del silenzio e delle stanze vuote. La paura dell’abbandono viene fuori in ogni riga, presentandosi al lettore con una tale foga da risultare un male incurabile.
Il rapporto con suo marito Federico è affrontato in maniera completa. Il loro legame sembra agli occhi del lettore, piuttosto disfunzionale, l’uno, infatti, sembra non fare bene all’altro, tuttavia, entrambi non smettono di cercarsi.  Entrambi affetti da disturbi della personalità intrattengono il lettore in un gioco dove guerra e pace si danno il cambio in maniera frenetica. (Miriana Kuntz)
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