Il contemporaneo all’ombra dei secoli. Nello spazio dell’antico chiostro ritrovato della chiesa di S.Caterina a Formiello continuano i progetti artistici site-specific realizzati da autori internazionali. Dopo la mostra dell’artista tailandese Natee Utarit, è arrivato il momento di Nicola Samorì , artista italiano, classe ’77, sempre a cura di Demetrio Paparoni.Samora-ok
La mostra trova una sua collocazione quasi naturale a Napoli e nel chiostro perché da sempre ispirazione e ossessione dell’artista è Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto adottato dalla città di Napoli.
Infatti, in due finestre cieche all’interno dello spazio troviamo dei dipinti a olio su rame che rappresentano santi tratti da Ribera e da Luca Giordano, suo allievo. Dai lavori, come pezzi di pelle umana, lacrime, sudore e sangue vengono fatti scivolare verso terra dei filamenti di pittura staccati dal supporto. Opere scarnificate, strappate, scuoiate come la città che ospita l’artista e che ispira e entra in maniera prepotente nel lavoro di Samorì.
Una città che con la sua cultura, le sue tradizioni, il suo patrimonio artistico stratificato nei secoli ma anche le sue contraddizioni e i suoi problemi cura e rigetta, tira e spinge creando delle tensioni che l’artista sembra esaltare nei suoi lavori. Da una città così non può che venire fuori un lavoro disturbante, esplosivo, carico di suggestioni e monumentale.Made-in-Cloister
Titolo della mostra è “Black Square” come l’installazione al centro del chiostro, un centro naturale che viene esaltato dall’artista con un quadrato nero composto a terra da lapilli vulcanici e migliaia di teste in gres, invisibili perché dello stesso colore del materiale usato, un quadrato calpestabile dove camminare diventa parte integrante dell’installazione per il rumore di fondo che si viene a creare, fastidioso e intenso, così familiare per i napoletani abituati da sempre alla pietra vulcanica e alla presenza ingombrante e al tempo stesso rassicurante del Vesuvio.
Al centro di questa porzione di spazio affonda in un piedistallo barocco che ricorda gli obelischi in giro per la città, Drummer,  una scultura ricoperta da lapilli vulcanici, una chimera nera , un monumento alla superstizione che governa la scena.
Tutti i lavori in mostra sono in bilico tra la potenza della decadenza e la voglia di cambiamento e rinnovamento della città, tra la degenerazione e la rigenerazione che questa metropoli si porta dietro.
Un viaggio creativo che ha portato l’artista a confrontarsi con la potenza altalenante di una Napoli da sempre, e sempre di più grazie alla Fondazione Made in Cloister, musa ispiratrice per gli talenti che come Nicola Samorì rileggono le opere del passato cercando una nuova narrazione che si sposi con le forze del contemporaneo.
La mostra ha un suo sviluppo quasi naturale nella Villa dei Papiri  al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann) dove l’artista ha disseminato sette sculture classicheggianti che si confondono tra le opere presenti e confondono il visitatore.
In queste opere così come nei piccoli dipinti su onice presenti al chiostro è possibile notare come l’artista ama e conosce bene la materia che tratta e che plasma a suo piacimento partendo spesso da imperfezioni e fratture già presenti nel materiale. Parte da vuoti e mancanze naturali per creare intorno opere che amplificano il dettaglio rendendolo protagonista. Frammenti che non sono più assenza ma presenza dalla quale partire.Statue-ok
©Riproduzione riservata 
Nelle foto, scorci della mostra
Fino al 30 aprile
Per saperne di più
https://www.madeincloister.com/

 

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