Oggi prendiamoUn caffè con … Giuseppe Pedersoli”, che saluto e ringrazio, con il quale continuiamo il ciclo di incontri per parlare di autonomia differenziata e dei rapporti socio-economici tra Nord e Sud del paese.
Giuseppe Pedersoli, dottore commercialista e revisore contabile, giornalista pubblicista, opinionista, già difensore civico del Comune di Napoli.
Caro Peppe, tra in tanti ruoli che hai ricoperto vi è quello di essere stato assessore alle politiche finanziarie del Comune di Frattamaggiore, nell’area Metropolitana di Napoli. Proprio in relazione a quella esperienza sarebbe interessante capire l’eventuale impatto dell’autonomia differenziata su quel Comune, ove mai l’intesa tra i Governatori del Nord e il Governo dovesse sancire una nuova ripartizione dei trasferimenti dallo Stato agli enti locali. Insomma, se dovesse passare l’idea di trattenersi l’80% delle tasse versate dai cittadini sul proprio territorio, in che dimensione economico-finanziaria entrerebbe a far parte il Comune di Frattamaggiore?
«Faccio il tecnico e parlo di numeri con una premessa. A Roma direbbero: abbiamo svoltato! Tieni presente che l’addizionale comunale ha un’aliquota dello 0,80 per cento e a Frattamaggiore porta nella casse circa 1.800.000,00 euro all’anno su un totale di entrate di (sempre circa) 20 milioni. Le aliquote Irpef vanno dal 23 al 41 per cento. Fate un po’ voi che leggete: se lo 0,80 per cento porta 1.800.000,00, con un’aliquota media del 30 per cento quanto incasserebbe Frattamaggiore? Si tratterebbe di milioni di euro che risolverebbero tutti i problemi e ancora di più. Parliamo di un comune con 30 mila abitanti. Pensi a Napoli, con un milione di cittadini. Ma stiamo sognando».
Il gioco delle Regioni “virtuose” è semplice: un PIL più alto fa aumentare il gettito fiscale dei propri contribuenti, trattenendosi, quindi, i proventi delle maggiori tasse versate, così da poter finanziare le materie aggiuntive richieste (sottraendole alla fiscalità nazionale). E il gioco è fatto. Trattasi di secessione dei ricchi?
«Per i soldi sono, personalmente, tra il comunista e il democristiano: da un lato avvantaggerei sempre i più deboli, dall’altro una onorevole via di mezzo mi suggerirebbe di fermarmi a metà strada. I comuni ricchi dovrebbero trattenere la metà degli introiti e l’altra metà dovrebbe andare a vantaggio dei più poveri. Un esempio alto? Quando fu abbattuto il muro di Berlino e le due Germanie furono riunificate, i tedeschi promisero che in pochi anni i teutonici dell’est avrebbero raggiunto i livelli di vita ed economici dell’ovest. Così è stato».
Le Regioni del Sud, in questo quadro, non riuscirebbero a garantire nemmeno la soglia minima di beni e servizi pubblici fondamentali, aprendo inevitabilmente la strada alle privatizzazioni. In tal caso, è lecito pensare che le diseguaglianze sociali e territoriali tra Nord e Sud aumenterebbero?

Qui sopra, Giuseppe Pedersoli. In alto, la nostra Costituzione
Qui sopra, Giuseppe Pedersoli. In alto, la nostra Costituzione


«Il discorso naturalmente dovrebbe essere complessivo. Nell’insieme la redistribuzione delle risorse andrebbe a vantaggio di tutto il Paese. Chi si reca in un ospedale del Nord ha la sensazione di stare in Svizzera. Vai a ricoverarti al Cardarelli e pensi soltanto all’attesa per il codice che ti assegnano (rosso, verde, giallo, bianco). E’ la stessa Italia?».
Per Don Luigi Sturzo “il regionalismo era la via per arrivare alla indipendenza delle realtà territoriali senza disintegrare la nazione italiana ed il suo ordinamento unitario”. Il progetto regionalista sturziano aveva dei confini ben definiti, da un lato contenere le “voglie” separatiste (come la sua Sicilia) e dall’altro rispondere, in una logica nazionale, alle spinte di libertà e di autonomia provenienti dai territori. Per il presbitero il riscatto del Sud andava inquadrato tra autonomia e solidarietà. Questa era la via maestra per non intaccare l’unità nazionale. Come ne usciamo oggi con i Governatori del Nord che vogliono “allontanarsi” dal Mezzogiorno?
«
L’ho detto prima: c’è sempre la strada di mezzo. A meno che non si pensi seriamente a una secessione. Per questo l’ipotesi che i meridionali votino Matteo Salvini e la sua Lega diventa un ossimoro politico. Questa Lega è Lega Nord o…Lega unisex?!?».
La Carta Costituzione concepisce una forma di Stato cooperativistico (art. 2), riconoscendo i diritti in una dimensione di solidarietà politica, economica e sociale, oltre a farsi carico delle difficoltà che limitano libertà ed eguaglianza dei cittadini (art. 3). Quindi, è insito il pensiero dei costituenti in merito alla caratteristiche sociali da intraprendere, ovvero immaginavano un “corpo” unitario e paritario. Come la mettiamo se la discussione di oggi prefigura un regionalismo senza modello?
«Il modello lo dà la politica. E i continui cambiamenti delle maggioranze parlamentari non aiutano. Se non sappiamo in che direzione va il Paese, in che direzione vogliono andare gli italiani, come si può costruire un modello? Chiudo con una banalità che, purtroppo, fa rima con realtà: Nord e Sud sono ancora troppo diversi. Pensiamo a scuole, strade, ospedali, autostrade, sanità, treni, aeroporti. Se l’Italia è una, le scelte dovrebbero essere obbligate. Ma siamo certi che il Belpaese sarà sempre unito?».
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