Un’apertura al confronto tra mondi e culture diverse. Dal 16 giugno al 30 ottobre, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, (che ha ritrovato il suo direttore Paolo Giulierini,  grazie al  Consiglio di Stato e al blocco della sospensiva decisa dal Tar) saranno esposti i capolavori delle culture meso e sudamericane della collezione Ligabue. La mostra dedicata alle principali civiltà precolombiane che hanno prosperato nelle americhe per migliaia di anni prima dell’incontro con gli europei è inserita nel piano strategico del Mann.
Duecento opere d’arte che raccontano delle culture precolombiane e degli elementi che le accomunano alla nostra, come il gioco del pallone e il pomodoro. Questo “Mundus Novus” scoperto e saccheggiato dai Conquistadores è ricco di culture antichissime che ancora oggi devono essere studiate e valorizzate, ignorato per lunghi anni da chi l’ha scoperto, preso in considerazione solo per le sue ricchezze materiali.
«La mostra Il mondo che non c’era consente di riflettere sul ruolo cruciale rivestito dalla Spagna a cavallo tra il XVI e il XVIII secolo a livello mondiale, e di quanto l’espansione nel Nuovo Mondo abbia giovato in termini economici e di ripresa culturale per l’Europa. E’ una preziosa occasione per riflettere su quanto è costato l’incremento della ricchezza dell’Europa in termini di vite umane e di civiltà perdute» sottolinea Giulierini.
La collezione vanta dei capolavori straordinari, vasi Maya, Veneri ecuadoriane di Valdivia, incensieri utilizzati dagli sciamani per polverizzare sostanze allucinogene, pendenti in oro, rarissime maschere Teotihucan e tanti altri tesori raccolti in anni di duro lavoro dall’imprenditore, appassionato collezionista e studioso di archeologia e antropologia.
La Fondazione Giancarlo Ligabue creata dal figlio Inti Ligabue, insieme alla regione Campania sponsorizza la mostra, e vuole essere un omaggio del figlio al padre, celebre paleontoglogo.
 L’esposizione presentata ieri in conferenza stampa al Museo Archeologico si è aperta con gli interventi di Andrè Delpuech direttore del Musée de l’homme di Parigi, di Jacques Blazy specialista di arti pre-ispaniche, dell’archeologo peruviano Federico Kauffmann Doig, ed è stata coordinata da Adriano Favaro, curatore del catalogo.
«Con questa mostra e con il catalogo che l’accompagna ho cercato di raccontare le storie delle culture di un altro continente che ci hanno affiancato per millenni senza farsi conoscere. Lo stesso continente al quale devo metà delle mie origini. Mia madre Sylvia, originaria delle vallate Tiahuanaco della Bolivia, si è sempre adoperata affinchè mantenessi vive in me origini ed orgoglio, a cominciare dal mio nome, Inti. Di tutti i suoi sforzi oggi la ringrazio» ricorda Inti Ligabue.
A proposito dei progressi fatti dalla scienza nello studio di queste culture spiega il curatore Blazi: «La nostra epoca ha aperto una finestra sul mondo favoloso dei Maya, dei Mochica, dei Nazca, degli Omlechi, e dei Tairona. Le datazioni al carbonio 14 ci permettono di stabilire una cronologia alquanto precisa di queste civiltà.
L’associazione Ligabue ha sede a Venezia e si occupa della divulgazione e della ricerca scientifica, in particolar modo del settore archeologico e antropologico. L’obiettivo è conoscere e far conoscere.
Alberto Angela, direttore editoriale di Ligabue Magazine, semestrale della fondazione, la descrive come «un’arca della conoscenza, capace di affascinare e sorprendere chiunque abbia sete di sapere».
In foto, due reperti in mostra

Per saperne di più:
http://www.coopculture.it/heritage.cfm?id=73
www.fondazioneligabue.it

 

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