“I ritorni” è la prima silloge poetica del poeta Achille Pignatelli, edita dalla casa editrice Homo scrivens. Achille è socialmente impegnato con la poesia. Attivista dello Scugnizzo Liberato, direttore Artistico del collettivo Mosse di Seppia, membro del collettivo Nadir e responsabile della rubrica on line “Anteprima poetica” di Homo Scrivens.
A distanza di quasi due anni pubblicherà una seconda sillage a settembre 2021 “L’ospite di se stesso” sempre sotto l’ala di Homo scrivens. La sua scrittura non conosce fogli, supera le barriere e le catene della carta e si manifesta sul territorio. Caratterizzata da richiami concettuali, invita a riflettere sull’essere al mondo, come singoli o come comunità. Achille in questi mesi di pandemia ha dato il via a numerosi progetti culturali e a delle rubriche poetiche on line sui social di Homo scrivens, dove si da spazio alla parola e all’autore emergente.
I ritorni, dicevamo è la sua prima opera poetica edita nel 2019. Con una prefazione firmata da Silvio Perrella.

«Quest’opera– rivela Pignatelli- ha come punto focale il tempo. “L’ospite di se stesso”, invece è la mia seconda silloge ed è legata al concetto di spazio, inevitabilmente legata al tempo».
Per quanto concerne il “tempo”: l’interiorità nella poesia di Achille non è slegata dal tempo inteso come “il trascorrere dei giorni” è legato a una dimensione storica e sociale.
Il tempo condiziona l’individuo, inevitabilmente. Esiste alla base un’ontologia della relazione, noi siamo il risultato dei comportamenti e dell’esperienza sociale, dell’educazione familiare, dell’esperienza collettiva. L’espressione dell’io si lega così alle diverse fasi storiche sociali. Anche la politica ci condiziona e si può leggere in diversi modi a seconda della società di riferimento; agisce culturalmente in maniera diversa. La politica, nel suo rapporto con la cultura, permette di sedimentare valori.
Sono le tematiche che si propagano in I ritorni- Orientarsi tra il suono dello spazio e la forma del tempo. Un libro che si caratterizza per la divisione in otto sezioni, secondo la struttura della rosa dei venti, coordinate poetiche nelle quali orientarsi.
La spazio-temporalità delle nostre vite è uno dei concetti alla base del cammino dell’opera, viaggio di ritorno alla nostra vita e al tempo che ci è stato sottratto.
Una poesia dolce, gentile ma allo stesso tempo forte, malinconica, che invita a riflettere sul nostro tempo: passato- presente e futuro ma anche sul ricordo, polvere, valore del tempo, rapporto con la propria epoca, valore delle piccole cose.
L’opera ha una doppia introduzione. La prima è la vera Introduzione che si ispira in un certo senso a trattati filosofici dell’illuminismo.
«E’ un’idea ingenua pensare di essere donne e uomini assoluti, distanti e distaccati da un contesto di partenza; siamo persone del nostro tempo, punto d’incontro di coordinate spaziotemporali che influenzano, se non determinano in toto, sia il nostro modo che il moto d’essere».
L’introduzione assume,poi, la forma di una critica alla nostra epoca, al “tempo dell’esistenza e delle scadenze nella società degli ingranaggi”, un tempo artificiale a cui si contrappone la coscienza e il valore del ricordo. La seconda introduzione è costituita dalla poesia La rosa dei venti, che mira a mettere insieme da una parte il carattere dell’autore con i differenti venti e dall’altra la centralità del vento nell’opera.
La rosa dei venti
Tu che mi guardi tra i flutti dei versi
ti chiedi, tra le rughe della fronte,
chi sia, e scocchi frecce dalla punta
grezza, poco incline alla comprensione.
Sì, sono come la Rosa dei Venti
che i marinai posero su Malta:
Tramontana che indica la via,
che nasce tra i monti, trascina e lava;
sono Grecale, l’amico sereno
dei figli di Atena e Poseidone.
Levante, il primo bacio al Sole;
Scirocco, fratello della sabbia
che sospira tra pioggia e nebbia,
sono l’Ostro, vento di mezzogiorno,
Libeccio, messaggero della Libia,
e Ponente che il bel tempo rimena,
l’amico dell’estate, la carezza
che ristora e accompagna il tramonto.
E sono Maestrale, il ruggito
che scuote, adunatore di nembi,
l’alleato del Sole e suo pari,
il vento nuovo, il nuovo inizio.

Tramontana, Grecale, Levante, Scirocco, Libeccio, Ponente, Maestrale sono i venti che rappresentano le coordinate poetiche nelle quali si muove il poeta.
In Tramontana, la poesia è dedicata alla vita come cammino per indicare la giusta strada.
I sogni di Icaro
Potessi accarezzare le nuvole
sfiorare i miei confini
i miei sogni
unire con gli occhi terre lontane.
Un giorno avrò lo stesso sguardo
del sole
sarò il faro del mondo
e l’eterno sarà il mio elemento.

In Grecale ritroviamo otto ditirambi. Soprannominata Ditirambi di Dioniso, questa sezione vuole essere un omaggio a Nietzsche ma rappresenta una scelta ideologica. La poesia in Grecale mira a difendere la Grecia. L’Unione Europea aveva vagliato la possibilità di cacciare la Grecia dall’Europa . La Grecia che è il grembo d’Europa e che per un poeta rappresenta il punto di partenza per il proprio cammino e della propria indagine. In questo vento ritroviamo anche l’importanza del rapporto con la tradizione e la necessità di enfatizzare la tragicità della vita e il legame con la natura.
L’urlo dionisiaco
Un lamento improvviso ci scuote
assalendo la nostra quiete.
Crolla il tempio che cela il dolore,
l’esistenza si scopre travaglio.
Uno scudo ci rende più forti,
Dio è morto ma noi resistiamo.

Passiamo poi a Levante dove ritroviamo sette haiku. Interessante qui è notare come le opere che compongono questo vento, creino un accostamento tra cultura occidentale e orientale. La forma e la tragicità del ditirambo e l’essenzialità e la delicatezza degli haiku. Il concetto di diversità quindi che può diventare una ricchezza.
IV
Sii la mia voce
quando sarò debole
eternamente.

Scirocco è composta da poesie d’amore.
Ti chiedo
Ti chiedo solo una sillaba
mendicando gocce di sguardi.
Per la città cerco il tuo profumo
a volte lo incontro per caso
e lo stringo tra i polmoni quasi
fosse il più dolce tra gli abbracci.
La mia è una rincorsa vana.
Compari all’improvviso, lampo
che in me risuona come tuono,
e rapida torni al tuo nido.
Sei come le piogge estive.
Spesso mi illudo che tu mi guardi
e io nascondo la meraviglia
che germoglia dai mille sorrisi
che si stendono sul tuo volto.
Splendi di bellezza pura, quasi
accechi, e chiedo ai miei sensi
di non lottare, di lasciarsi
cullare da quegli occhi divini
che stravolgono le mie giornate.
Ti chiedo una goccia di ambrosia
quasi in ginocchio, per sentirmi
eterno, infinitesimale
frammento del tuo corpo di terra,
perché in quella sillaba si cela
il mistero della primavera
.
In Ostro, invece, ritroviamo poesie dedicate a Napoli e al Sud in generale come l’Africa.
Un poeta napoletano
Stanotte il Vesuvio mi ricorda
un seno dal latte di fuoco
che con tocco tenero e dolce
allatta la prole addormentata.
Ed ecco che il manto notturno
racconta storie del passato,
parlando con sillabe di luce
a chi sa ascoltare il silenzio;
la veste della Città risponde
dialogando con i miei pensieri,
il figlio che non trova riposo.
Eppure il sonno è denso di miti
un po’ come il vento in primavera,
ebbro di profumi e ritorni;
un poeta dovrebbe nutrirsi
dei vaporosi flutti notturni,
e tra i mari del sogno trovare
un luogo dove ricominciare.
Ma io parlo la lingua dei sogni.
Molte volte la notte mi sfida,
come se non sapessi creare
costellazioni più luminose,
dove, magari, c’è chi si nutre
d’un verso nato dal mio fiato
.
Libeccio è composta da una singola poesia, dedicata ai 700 migranti che persero la vita nel naufragio del 18 aprile 2015 nel Mediterraneo.
Quattordici volte cinquanta
Eppure è la guerra che spezza i rami,
brucia i prati, disperde le orme,
e non il giusto corso degli eventi,
quel bisogno, quel coraggio di essere
liberi, di vivere il cammino
come vogliamo, come speriamo.
Dove dorme la speranza? Riposa
tra stelle e conchiglie, in una culla
dai cuscini di pietra e lenzuola
che ondeggiano tra Scilla e Cariddi.
Dorme quattordici volte cinquanta
un numero troppo grande da dire
per intero perché ci si spaventa
ed è assurdo morire inseguendo
la vita, cercando la libertà.
Ogni gorgheggio è una sconfitta,
quasi fosse morta l’umanità
intera, o meglio ciò che ne resta
.
Ponente tratta del valore del tempo e del ricordo.
Parlare alle foglie secche
Parlare alle foglie secche
ai frammenti della mia vita.
Saltello di ramo in ramo
per nutrire i miei boccioli
con i colori del tramonto.
Oggi la mia voce ha il suono
del Sole, di gocce nel cosmo
e di anelli concentrici,
e come il Sole vago nello
stesso punto, col mondo intorno.

Maestrale si occupa del rapporto con il proprio tempo dal punto di vista esistenziale, politico e poetico.
La posa
Si vive di ciò che resta
della polvere che l’acqua
non riesce a portar via.

Nell’Ospite di se stesso possiamo ritrovare una continuità di Ritorni ma la poesia qui si apre allo spazio. Anche in questa nuova silloge le poesie saranno divide strutturalmente. Gli argomenti sono legati ad una determinata e specifica dinamica dello spazio.
Mentre ne “I ritorni” il tempo dà spazio ai ricordi e alla storia, nella seconda opera lo spazio è identificato, grazie alla poesia, come spazio comune.
©Riproduzione riservata 
Nelle foto, l’autore e la copertina del libro “I ritorni”

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