La poesia è un processo, un moto dell’io magmatico e sotterraneo. Ci si interroga spesso sulla sua natura, sul legame tra significato e significante, sul valore fondante del linguaggio e sulla sua capacità di attraversare le cose per scovarne l’essenza.
Quello che Johanna Finocchiaro fa nella sua opera d’esordio, Clic (per L’Erudita), è porre l’accento su quel preciso momento in cui si accende il mondo interiore del poeta. “Un clic. Qualcosa in me ha fatto clic e non ritorna. Indietro.

Qui sopra, la copertina. In alto, l’autrice


A un certo punto qualcosa mette in moto il processo creativo, facendo passare un flusso informe fatto di sensazioni, idee, sentimenti e percezioni in quelle parti del nostro io che si pongono tra la razionalità e l’irrazionalità. Se volessimo definire il processo creativo usando un approccio razionale, potremmo provarci cosi: questo interruttore emotivo funziona proprio come la luce che illumina una stanza; le cose osservate acquisiscono un significato diverso, hanno un corpo definito e una propria ragion d’essere. Dopo questa epifania, si passa poi alla scrittura, alla codifica e condivisione della scoperta. Semplice e lineare. Ma la razionalità emotiva è tutt’altro che lineare.
In Johanna si percepisce sempre un qualcosa che mette in moto la percezione, dopodiché lo spazio della pagina viene travolto da soliloqui, flussi di coscienza, riflessioni in versi e prose liriche, sempre animate da giochi sonori che restano sempre delicati, senza mai abbandonarsi alla frenesia e all’altisonanza. È una situazione paradossale, una sorta di caos immobile, di tempesta silenziosa. Ma la poesia è questo paradosso, è convivere con questa tempesta emotiva su cui, spesso, non si ha alcun tipo di controllo: “L’interruttore si allontana dal mio tocco; di più se sento / di raggiungerlo. / Distorsione spazio temporale. / Switch. Sull’off“.
L’imperativo per comprendere le cose della vita è vivere, sporcarsi le mani, relazionarsi (o addirittura scontrarsi) con le cose della vita, e Johanna le mani se le sporca eccome; forse deve al Servizio Civile in una biblioteca comunale la scoperta del proprio mondo interiore, di sicuro il legame instaurato con diverse realtà nazionali come Poeti Emozionali, il Circolo delle Poetesse e, in particolare, con l’associazione Poesie Metropolitane, realtà attente al territorio e ad una dimensione nazionale della poesia, le hanno permesso di crescere interiormente ed elaborare un proprio stile. Ciò che conta è sempre creare un reciproco scambio tra mondo interiore ed esteriore, trovando nella poesia un’opportunità di crescita.
Dovremmo tutti aver cura di quel clic che accende l’empatia, non solo gli addetti ai lavori, che siano scrittori, attori o artisti in generale, senza aver paura di soffrire per quello che potremmo percepire. Forse è questo l’invito più sincero che Johanna fa a chi tende l’orecchio verso di lei, un invito che vale la pena accogliere.
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