Le mura del Convento di San Domenico maggiore si riempiono di memoria con la mostra fotografica Sisma80, ideata e curata da Luciano Ferrara con tribunali138, prodotta da noos aps e promossa dall’assessorato alla cultura del Comune di Napoli.
La casa che fu già di Giordano Bruno si abbiglia di resistenza culturale, ospitando una carrellata di immagini dalla forte carica iconica. 
Sisma80 mette in mostra più di 100 fotografie selezionate dal lavoro di 20 reporter, impegnati sul campo dalle ore immediatamente successive al terremoto del 23 novembre 1980, impreziosita dall’inedito dialogo tra le stampe originali di Luciano D’Alessandro e Mimmo Jodice.
L’esposizione è stata ideata e voluta da un fotografo che ha fatto scuola, documentando alcuni tra gli eventi mondiali più importanti degli ultimi 50 anni, con una visione centrata sulla persona. Un fotoreporter deve tutelare la memoria senza dimenticare il rispetto, ci dice lo stesso Ferrara.
Il tutto accade con obbligato ritardo, nel pieno di un periodo devastante per la cultura nazionale e locale: scossa dal sisma pandemico, messa colpevolmente da parte da una struttura istituzionale incapace di presentare soluzioni che non prevedessero la chiusura totale.
Se la sconfitta è solo parziale lo si deve all’iniziativa dei privati, come lo stesso Ferrara, che per un anno ha passato in rassegna i principali archivi fotografici della città, riportando in piena luce le evidenze di un dramma poco ricordato e che condiziona la vita di milioni di persone.
Perché Sisma80 ci parla di 90 secondi capaci di aprire una stagione politica e sociale non ancora conclusa:  quarant’anni di commissariamenti speciali per una Campania stravolta sul piano urbanistico, con la costruzione di una periferia ghettizzata funzionale al business del malaffare la cui eredità è un miscuglio di criminalità, mancate ricostruzioni, stragi, un diffuso tessuto politico impreparato, colluso o corrotto.
Ecco perché, questa mostra è fondamentale. Ma non solo.
Le foto riportano a memorie vivide, dice il sindaco de Magistris, che quella sera dell’80 aveva 13 anni e ricorda le crepe che si aprivano dinanzi ai suoi occhi, sui muri di casa.
Per la generazione del post-terremoto, la sensazione più prossima è legata all’11 settembre 2001, con la percezione feroce di una cesura totale, la consapevolezza della perduta innocenza, preludio degli scenari drammatici vagamente intuibili.

Qui sopra, il grande refettorio del Convento dove sono esposte le foto. Nelle altre immagini, altri momenti della mostra


Ma per il Terremoto dell’Irpinia, questa sensazione è più forte ancora, perché vissuta sulla pelle di un territorio vicino, da persone che persero tutto; sulla pelle dei sopravvissuti, con i volti segnati dalle prime ore di consapevolezza.
Le foto selezionate da Ferrara raccontano tutto questo. E lo fanno con garbo, animate dalla stesso spirito che vide l’autore ritrarre la vita dei quartieri napoletani prima e dopo quella fatale domenica del 1980.
Immediato il trasporto emotivo con le immagini delle auto cariche di bare, dei corpi legati a barelle con l’ultimo pacchetto di sigarette.


Chiarissimo il dramma negli occhi dei bambini, da sempre soggetti preferenziali della pedagogia della tragedia e che per la prima volta vivono una una realtà di cui calze appese ad asciugare nei vagoni adibiti a case, fazzoletti tirati fuori dal taschino per asciugare lacrime, sono solo alcuni dettagli della più feroce incertezza.
E ancora, i mesi successivi, di stagnazione, rabbia, protesta, speranza, ricostruzione.
Le foto di Sisma80 sono documenti di una tragedia dal volto umano. all’oscuro della spettacolarizzazione meccanica a cui ci avrebbe abituato il foto-giornalismo dalla guerra del golfo in poi.
Il punto di vista di ogni fotografo ci dona una sola immagine dalle molte sfumature, figlia di un modo di lavorare che prevedeva il contatto diretto, partecipe, con l’umanità incontrata.
Un lavoro estraneo all’ubriacatura di immagini del digitale, un più intimo rapporto con ogni scatto, misurato sulla limitatezza della pellicola disponibile.
Il lavoro di selezione di Ferrara mette in evidenza la ricchezza del patrimonio fotografico degli archivi napoletani, tutori della storia più intuibile, che nella società dell’immagine deve appartenere in forma permanente ai cittadini.
Per fare questo servono soldi e tecnici specializzati, un impegno costante e molte energie. Un investimento importante, certo.
Ma un investimento necessario. Non solo per mantenere vivo il ricordo delle vittime, ma perché si tenga presente cosa si era, cosa non si è diventati; si mantenga viva la sensazione del rimorso per le occasioni perdute e si lavori per far splendere un territorio, per cultura e natura, perla del mediterraneo.
©Riproduzione riservata

INFO
La mostra è visitabile fino al 31 marzo 2021 e per consentire la visita in totale sicurezza, al fine di garantire l’osservanza delle misure di contenimento del contagio da Covid-19, è necessario prenotare scrivendo a noos.tribunali138@gmail.com

SISMA80 presenta le fotografie di:
Archivio Luciano D’Alessandro Studio bibliografico Marini, Roma – Massimo Cacciapuoti – Toty Ruggieri – Annalisa Piromallo – Gianni Fiorito – Fotosud (Giacomo Di Laurenzio, Antonio Troncone, Mario Siano, Guglielmo Esposito) – Associazione Archivio Carbone – Pressphoto (Gaetano Castanò, Franco Castanò, Franco Esse) – Mario Riccio – Giuseppe Avallone – Guido Giannini – Pino Guerra – Sergio Del Vecchio – Archivio fotografico Ferrara, Luciano Ferrara – Mimmo Jodice.

RISPONDI

This site is protected by reCAPTCHA and the Google Privacy Policy and Terms of Service apply.