Gonna lunga, capelli che hanno dimenticato il pettine, velo del tempo sulle guance, passeggia nel centro antico di Napoli, nei dintorni dell’Accademia napoletana di belle arti. Entra nel caffè dell’epoca, punto d’incontro di artisti, con la riservatezza del pudore, e si avvicina a chi , ai tavolini, accontenta l’appetito con una pizzetta o sorseggia un espresso chiacchierando. Si chiama Maria D’Agostino. Non lo dice, ma lo ricorda ai lettori in fondo al breve dattiloscritto affidato a un foglietto di carta bianca piegato come un piccolo libro: la copertina è candida e accoglie nell’angolo destro un fiorellino colorato.
” Una moneta per una poesia” sussurra con l’accenno di un sorriso. Se la persona è un po’ più generosa degli altri, glie ne d  due. Le parole dipingono la realt  o il paesaggio. Il pensiero resta aggrappato alla vita, cercando ispirazioni dal quotidiano. Un titolo, o’ dottore e a’ dottoressa, introduce la saggezza dei partenopei in pochi versi: Chi sape cur  ferite e malattie/nun è nu’ Santo, e nun è nu’ Dio/è solo nu’ povero diavolo,/che pe’ camp  adda sapè recit …/Ogni mattina tira a’ rezza pe’ truv /nu’ pesce sano pe’ so magn /Se la rete è vuota, o’ pescatore/ dice: e’ pisci tenene che fa… Mentre le immagini di Cielo- Terra- Mare ritrovano l’ingenuit  dell’infanzia tra le stelle che brillano e il sole che riscalda, salvando la dignit  di una persona che vende frasi per qualche spicciolo.

Nella foto, una poesia dell’autrice

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