La parità di genere non si declama come un obiettivo temporalmente differito, andrebbe affermata con gli atti di vita quotidiana, come una conquista certa e durevole, tanto nel campo del lavoro quanto nella vita di relazione.
La presidente della Commissione Europea – Ursula von der Leyen – sostiene, al contrario, che questa deve raggiungersi entro il 2030. Come un qualsiasi obiettivo materiale, al pari di una autostrada da riqualificare o un ponte da costruire.
Le opportunità per le donne non devono essere concesse, vanno “scalate” giorno per giorno. Dobbiamo lasciare alle spalle quella “non cultura” che fa arretrare le donne per le violenze che subiscono, per la paga inferiore che percepiscono rispetto agli uomini occupati (per lo stesso lavoro e pari mansione), per le minori opportunità di lavoro offerte al sesso femminile.   
Non parte bene, a mio avviso, il W20 Rome Summit con questi propositi, il linguaggio già fa una differenza, induce a pensare a una condizione di subalternità tra uomo e donna.
La pandemia certo non ha aiutato. La maggior parte dei posti di lavoro persi nel 2020 riguarda proprio loro, a causa del lavoro di cura che principalmente svolgono, settore precario e poco pagato.
L’Italia, in questo contesto, è fanalino di coda dell’intera Europa. L’occasione poteva essere data dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ma non sarà così. Appena 4 miliardi verranno destinati al recupero del gender gap, su un ammontare di oltre 200 miliardi.
Fino a oggi il belpaese accreditava la storiella della mancanza di soldi, una bugia caduta sotto i colpi di una malapolitica, che non vuole recuperare ed emancipare la metà degli italiani. I soldi ci sono, è la volontà che manca.
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In alto, brain storming, foto da Pixabay

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