Le disobbedienti/ “Vasi di alabastro, tappeti di Bukara” di Angélica Gorodischer: quando una spy story ironica è un manifesto d’intelligenza femminile controcorrente

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Amo il registro ironico, non è un segreto. Fin da bambina ho apprezzato l’ironia come sottile forma di intelligenza, una cifra stilistica che ho fatto mia. Quando scopro una nuova autrice/autore che lo padroneggia con maestria, dopo averne letto un primo libro, cerco tutto quel che ha scritto.
È quanto mi sta capitando con Angélica Gorodischer che Iacobelli editore propone con un delizioso romanzo, una spy story: “Vasi di alabastro, tappeti di Bukara”. Della protagonista non leggiamo mai il nome, ma non se ne avverte il bisogno, solo alla fine si realizza che non sappiamo come si chiama la donna, non più giovane, brillante, intelligente e dotata di una ironia tagliente che ci permette di ascoltare i giudizi tranchant con cui liquida le persone.
Di nazionalità argentina, vedova con quattro figlie, ha un passato da spia vissuto per contrastare i nazisti. La sua vita scorre tranquilla e piacevole fino a quando una figura, emersa da un tempo lontano, bussa alla sua porta proponendo un incarico che ne stuzzica le doti di indagatrice. Il compenso propostole non è male e le permetterebbe di acquistare due cose belle: un vaso di alabastro e un tappeto di Bukara, perché rinunciare? Perché non tornare sul campo anche se non più con l’elasticità dei tempi andati?
Lo stile è fluido, gradevolissimo, divertente e irriverente. I dialoghi tra i personaggi – e quelli interiori – rendono chiara la sua visione femminista: «Si è spaventato. Gli uomini si spaventano sempre quando una donna sa cose che non dovrebbe sapere; cioè quelle che lui non sa. Per questo non ci sono donne urologhe».
Le sue battute sono fulminee e politicamente scorrette. Viva Dio! La sua scrittura è ben lontana dall’ingessatura contemporanea che impone l’esclusione di argomenti, espressioni, idee e opinioni in nome di un politicamente corretto che funziona da mordacchia censoria.
Anche la mia propensione per il politicamente scorretto non è un segreto. «Un uomo raffreddato è una disgrazia per la quale credo non ci siano aggettivi adeguati. Se hai in casa un uomo raffreddato, finirai col perdere il senso dell’orientamento e delle proporzioni, l’entusiasmo, la voglia di vivere, l’equilibrio fisico e psichico, il tono muscolare, e la voce, Eros, la freschezza della pelle, il nitore dello sguardo, tutto. E quando il raffreddore passa e l’uomo esce di casa, ti guardi intorno e ti domandi come mai sei ancora viva».
Come non amarla? Ma l’ironia è ben più di battute ben congeniate e così, tra le righe, c’è il rapporto – mai semplice – tra madre e figlia. Sei stata troppo presente? Troppo poco? Hai detto o hai fatto le cose giuste, quelle sbagliate? Chi tra noi è figlia/madre capirà a cosa mi riferisco e troverà nel testo molte delle riflessioni già frequentate. Il ritmo è sostenuto – mai una sbavatura – e coinvolgente. I guai in cui si infila appaiono improbabili? E quale esistenza non sembra tale in alcuni frangenti? Le signore sessantenni non hanno una vita così intensa e irta di pericoli? E chi lo dice?
Il romanzo di Gorodischer è un condensato di disobbedienza. La protagonista rifiuta tutti i luoghi comuni e le aspettative sociali dei benpensanti, anche quelle delle proprie figlie, decidendo della propria vita. Non è immune alla paura e lo sconforto, è umana – intensamente umana – ma consapevole di godere del libero arbitrio.
Vi è mai capitato di incontrare donne cinquantenni e sessantenni di gran lunga più interessanti di ventenni e trentenni? Dalla conversazione brillante, dai molteplici interessi, dall’intelligenza vivace, donne che non piangono sulla prima spalla disponibile raccontando i propri guai ma che sorridono al prossimo andando incontro alla vita? La protagonista è così. Ama la buona compagnia e l’ottimo cibo ma sa star da sola e le piace anche, ama le sue figlie ma vuol essere altro, di più, oltre che genitrice. È una di quelle donne fuori dagli schemi che, quando si incontrano, è bene frequentare.
«Ho ragionato. Sono arrivata a una conclusione importantissima: ragionare non serve a niente. Va benissimo per un teorema, per l’esame di medicina interna, per partecipare a una tavola rotonda di politica agraria. Ma per guardarsi dentro e cecare di sapere cosa ti sta succedendo e perché succede, non serve a una minchia».  
Ogni persona che conosce le implicazioni filosofiche dell’umano ragionare potrà apprezzare questa considerazione, chi le pratica meno la apprezzerà comunque perché in essa scorgerà buon senso. Gettatevi nella lettura di questo libro per godere di una ventata di fresca leggerezza raccontata con penna raffinata e tagliente.
©Riproduzione riservata 

IL LIBRO
Angélica Gorodischer,
Vasi di alabastro, tappeti di Bukara
Iacobelli editore
Traduzione di Alessandra Riccio
Pagine 172
euro 14,50

L’AUTRICE
Angélica Gorodischer, nata nel 1928 e deceduta il 5 febbraio 2022. Il suo vasto e ammirato lavoro include titoli come Jugo de mango (1988), Prodigios (1994), La noche del inocente (1996), Cómo triunfar en la vida (1998), Menta (2000), Doquier (2003), Historia de mi madre (2004), Tumba de jaguares (2005), La cámara oscura (2009), Las nenas (2016) e Coro (2017). Ha ricevuto, tra gli altri, i premi Konex de Platino, Emecé (per il suo romanzo Floreros de alabastro, alfombras de Bokhara, pubblicato nel 1985), Más Allá, Esteban Echeverría e Dignity, concesso dall’Assemblea permanente per i diritti umani per il suo lavoro in difesa dei diritti delle donne. Nel 2011, negli Stati Uniti, ha ricevuto il World Fantasy Award. È stata tradotta in tedesco, inglese, francese, italiano, russo, ceco e portoghese. Ha recentemente ricevuto in Francia il premio per il miglior romanzo di fantasia straniero al Festival Imaginales.

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