Libert  di stampa e segretezza delle indagini. Il diritto dei cittadini ad essere informati, a conoscere, e il rispetto della persona degli indagati. Se a ciò aggiungiamo le fughe di notizie, la spettacolarizzazione dei processi, gli eccessi garantisti o giustizialisti, le leggi ad personam e l’esercizio della giurisdizione come terreno di battaglia prediletto dalle forze politiche contrapposte, viene spontaneo interrogarsi sulla percezione che i cittadini hanno della giustizia italiana.
L’immagine che i media danno della nostra giustizia corrisponde alle reali dinamiche a essa inerenti? In altre parole gli italiani sanno davvero come viene esercitata la giustizia nel loro paese?
PROCESSO PENALE E MASS MEDIA
L’immagine di una giustizia penale inefficiente, delle pene mai scontate, mal si concilia con la realt  dei 67.178 detenuti attualmente nelle carceri italiane (2 posto in Europa per numero di detenuti, fonte dati del Ministero della Giustizia elaborati dal Centro Studi Ristretti Orizzonti). Quella, invece, dell’azione penale inesorabile e opprimente, non si addice all’unico stato del mondo occidentale che ospita tra le fila dei suoi più alti rappresentanti un numero imprecisato di condannati. Il rapporto tra l’informazione e l’esercizio della giustizia penale è al centro del convegno promosso dal Centro Studi Castel Capuano intitolato “Processo Penale e Massa Media”, che si terr  sabato 15 gennaio alle 9,30 nel saloncino dei busti di Castel Capuano.
Al dibattito interverranno Mario Ruberto, presidente del Centro Studi Castel Capuano, Michele Scudiero, ordinario di diritto costituzionale presso l’Universit  Federico II di Napoli, Aldo De Chiara, procuratore aggiunto della Repubblica di Napoli, Roberto Napoletano, direttore de Il Messaggero, Antonio Buonajuto, presidente della Corte D’Appello di Napoli, Luigi Mastrominico, avvocato generale presso la Corte D’Appello di Napoli e il presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli, Francesco Caia.
IL RUOLO DEGLI AVVOCATI
L’avvocatura, in particolare, freme di riappropriarsi di quella funzione di mediazione culturale tra i cittadini e la giustizia che le è stata oramai sottratta dai media e soprattutto dalla tv una vetrina all’interno della quale, tra plastici e sceneggiati, uomini e donne dello spettacolo propongono improbabili ricostruzioni dei crimini più efferati, esponendo al pubblico ludibrio presunti colpevoli e preparando il campo alla tanto agognata sovraesposizione mediatica di intere comunit .
“Il tema del convegno spiega il presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli, Francesco Caia si inserisce nell’alveo di una profonda riflessione portata avanti dall’avvocatura napoletana che riguarda il rapporto tra la giustizia italiana e la stampa. Esso, va sottolineato, è inevitabilmente il rapporto tra la giustizia penale e i cittadini, e la percezione che essi hanno del funzionamento del processo. Oggi viviamo in un’epoca nella quale i cittadini hanno una visione distorta della giustizia penale. Questa distorsione non giova alla giustizia e alla risoluzione dei suoi annosi problemi. Con queste iniziative intendiamo sottolineare le criticit  proprie del nostro sistema ma, allo stesso tempo, proporre un percorso virtuoso che porti ad un approccio serio alle questioni della giustizia penale.”
IL FENOMENO DELLA SPETTACOLARIZZAZIONE
La spettacolarizzazione dei processi ed il coinvolgimento dei non addetti ai lavori nei dibattiti sui fatti di cronaca più efferati incidono fortemente su un’opinione pubblica incapace di concepire la giurisdizione come un bene comune degno di una tutela scevra dalle contrapposizioni ideologiche.
“I processi penali prosegue Caia oramai si svolgono in tv, con esperti televisivi e avvocati che svolgendo la professione in modo improprio, hanno utilizzato i media come trampolino di lancio per carriere politiche e televisive. Si discute in tv senza conoscere i fatti di causa e, dunque, senza cognizione. Le pressioni provenienti dall’opinione pubblica falsata dalla spettacolarizzazione del processo, inoltre, riduce gravemente l’indipendenza e l’autonomia dei giudici. Creano un circuito perverso produttivo di effetti distorsivi della realt  che impediscono all’opinione pubblica di concentrarsi sui problemi veri della giustizia penale italiana, quelli che riguardano la vita quotidiana delle persone e non gli show televisivi. L’imbarbarimento del processo e delle sue dinamiche ha determinato la trasformazione in patologico di ciò che è fisiologico e, quindi, il solo fatto di essere oggetto di un’indagine da parte della magistratura si traduce agli occhi dell’opinione pubblica, in una sentenza di condanna. Ciò si realizza attraverso la confusione dei ruoli e delle parti il giornalista, ad esempio, deve fare il suo mestiere, divulgando informazioni e notizie, ma deve assolutamente evitare di attribuirsi prerogative che sono proprie di altre professioni e istituzioni. Chiediamo una prova di coscienza collettiva, capace di coinvolgere il mondo dei media e della politica e che sappia produrre una svolta sulle questioni della giustizia. Il paese non ha bisogno di riforme spot, come il processo breve, ma di riforme efficienti, opportunamente finanziate, nella direzione dell’innovazione tecnologica e dell’informatizzazione totale del processo. Non si può avere una percezione reale dei problemi della giustizia partendo dai fatti di cronaca più eclatanti. E’la giustizia quotidiana a avere seri problemi e a meritare le giuste attenzioni”.

In foto, il presidente dell’Ordine degli avvocati di Napoli, Francesco Caia

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