Il secondo paese più anziano al mondo (dopo il Giappone) mette a sistema la non autosufficienza e l’invecchiamento attivo. Infatti, il Parlamento italiano – con la legge 23 marzo 2023, n. 33 – delega il Governo ad emanare una serie di decreti legislativi, entro gennaio 2024, in materia di politiche in favore delle persone anziane. Dopo circa 20 anni d’attesa l’Italia si interroga sulla tutela della dignità e la promozione delle condizioni di vita, di cura e di assistenza delle persone anziane.
Un traguardo tardivo ma importante, perché intenderebbe promuovere il valore umano, psicologico, sociale, culturale ed economico di ogni fase della vita delle persone, senza distinzioni anagrafiche ed indipendentemente dalla presenza di menomazioni, limitazioni e restrizioni dell’autonomia dei meno giovani. Insomma, da oggi in poi i fenomeni della solitudine sociale e della deprivazione relazionale delle persone anziane dovrebbero trovare finalmente una superficie di contrasto incisiva ed apprezzabile.
Nove articoli in tutto che impegneranno il Governo a lavorare per la cosiddetta terza età, con atti finalizzati a promuovere programmi e percorsi integrati per contrastare l’isolamento, la marginalizzazione e l’esclusione sociale e civile.
Tutto bene fin qui. Salvo scoprire che all’articolo 5 si chiarisce la sostenibilità economica dei nuovi interventi sociali, sanitari e sociosanitari previsti. Ovvero, quegli anziani non autosufficienti che sceglieranno di ricevere una prestazione finalizzata a soddisfare un bisogno assistenziale individuale si vedrebbero “decurtare” l’indennità di accompagnamento già percepita, sostituita dal “nuovo” servizio offerto dal servizio sanitario.
In ogni caso, a chiarire ulteriormente l’aspetto finanziario è l’articolo 8, che ammette inequivocabilmente il pensiero “economico” contenuto nella nuova disciplina:” … dall’attuazione delle deleghe recate dalla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”.
Circa 10 milioni di persone, tra anziani, familiari e operatori coinvolti, questo è il target di riferimento a cui aspirerebbe ad arrivare la nuova legge, potrebbero essere profondamente deluse dalla mancata copertura finanziaria per poter soddisfare i servizi e le prestazioni tracciate. L’integrazione sociale e sanitaria dell’assistenza, compresi i servizi domiciliari e il badantato, rischiano seriamente di fallire sotto i colpi della compatibilità del bilancio dello Stato. Del resto è noto che una riforma strutturale di un settore specifico deve prevedere nuove economie da riversare, soldi freschi, altrimenti rimane un riordino teorico incapace di incidere sulle dinamiche che si vorrebbero rappresentare. Insomma, una perdita di tempo inutile e dannosa.
Una occasione sprecata, allo stato, a danno di una categoria fragile, verso milioni di anziani lasciati al loro destino, vittime di rappresentanti istituzionali che discettano dello scibile umano senza avere cognizione di causa per l’assenza di indicazioni economiche puntuali.
Se da un lato la popolazione anziana aumenta, dall’altro le politiche di sostegno pubblico in tal senso diventano fumose, poiché Governo e Parlamento non sono in grado di dare un “volto” convincente al welfare locale che chiede solidarietà attiva e vita di relazione soddisfacenti. Per tutti e a maggior ragione per le persone non autosufficienti.
Foto di congerdesign da Pixabay 

                                      

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