Il Documento Programmatico di Bilancio (DPB) è quello scritto che contiene le linee di intervento della manovra di bilancio per il 2023. La Commissione Europea lo sta valutando e il Parlamento, in via definitiva, dovrà votarlo entro il 31 dicembre prossimo. Questo l’iter parlamentare della legge di bilancio per l’anno economico che verrà. Il momento economico pubblico più atteso.
L’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani ha fatto le “pulci” al documento economico-finanziario e ha notato almeno tre grandi problemi: a) le spese che dovranno essere fatte in deficit non sono ancora state quantificate; b) le misure “elettorali” propagandate prima del voto dal centro-destra sono a tempo e non strutturali, e comunque quasi insignificanti rispetto ai propositi enunciati; c) l’abbassamento della pressione fiscale è pari ad appena lo 0,2%, quasi un niente.
In termini più concreti e plausibili sembra chiaro che il governo Meloni aggraverà ancora di più il debito pubblico, bisogna stabilire solo l’entità, ma che l’indebitamento degli italiani aumenterà è dato certo. Almeno in questa prima manovra i proclami elettorali non potranno essere realizzati, e se lo saranno è solo per qualche anno. Infine, la tanto sbandierata pressione fiscale, ovvero far pagare meno tasse agli italiani, si dimostrerà davvero una chimera. 
Ma il dato ancora più certo, in completa continuità con il governo Draghi, avversario numero uno della Meloni e di Fratelli d’Italia, è l’invio di armi in Ucraina per tutto l’anno 2023. “Tutto cambia perché nulla cambi”, così recitava “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1958).
Finite le urla della propaganda ci si accorge che in questo paese, nel 2023, crescerà il PIL di appena lo 0,6%, ovvero non migliorerà la ricchezza nazionale prodotta, in completa controtendenza rispetto al balzo in avanti post-covid.
Le promesse elettorali faranno spendere a questo Governo ben 13 miliardi su 35 complessivi, ovvero più di un terzo delle somme a disposizione, per “segnali” temporanei, allontanando politiche strutturali e di lungo periodo che potrebbero cambiare il volto del paese in maniera definitiva.
Per finire, le economie previste per sanità, scuola e pubblico impiego, non copriranno nemmeno l’inflazione in atto. Ciò sta a significare che potrebbero pesantemente arretrare, salvo manovre correttive, le prestazioni sanitarie, la scuola dell’obbligo e senza la possibilità di poter assumere dipendenti nella pubblica amministrazione, ormai vecchia, carente e non più in grado di far fronte alle esigenze dello Stato, sia centrale che periferico. 
Questi primi passi del Governo sono timidi, squilibrati, senza un’idea di sviluppo complessivo del paese, prevalgono le varie “bandierine” per connotare sé stessi, piuttosto che badare a risolvere ciò che oggi è necessario per il paese. Se come primi atti aumenta il costo delle sigarette e non si abbassano le accise sulla benzina, allora il film è vecchio e non è nemmeno un cult movie, ma solo bassa mercanzia ideologica.
Se poi si mette in discussione il reddito di cittadinanza fino a pensare di eliminarlo, senza creare alternative di nessun genere, allora è chiara l’idea del centro-destra: togliere ai poveri per redistribuire verso i ricchi.
In tutto questo il centro-sinistra è sempre più invischiato in faccende molto lontane dai bisogni che esprime la società italiana in questo particolare momento storico.
©Riproduzione riservata 
Foto di Kerstin Riemer da Pixabay

RISPONDI

This site is protected by reCAPTCHA and the Google Privacy Policy and Terms of Service apply.