Perché precludere alle donne in gravidanza di poter partecipare ad un concorso per Vigili Urbani? Eppure a richiederlo sono i Comuni del torinese di Vigone e Torre Pellice. Un requisito vergognoso e tipico di un paese bigotto e sessista, dove ai fini delle prove concorsuali selettive, a prevalere nonè lo stato mentale, capacità professionale, (meritocrazia), ma una condizione fisica.
Questi amministratori pubblici dovrebbero essere allontanati già solo per aver pensato un “paletto” del genere, una scelta che non soltanto offende la donna, ma che fa arretrare un processo culturale lungo secoli, dove l’altro sesso si vede costretto a risalire la storia dell’umanità nel combattere contro le discriminazioni.
Un tempo a “preferire” lavoratrici donne oltre una certa età, a costringerle a firmare di non avere figli durante il periodo lavorativoe a sottoporlea turni disagiati, erano solo i privati imprenditori, oggi pure le articolazioni della pubblica amministrazione si “atteggiano” alla stregua dei padroni.
Eppure in Italia, nel 1991, la legge 125 segnò una netta discontinuità con la legislazione precedente degli anni ’70 sulla parità di trattamento e l’uguaglianza dei diritti. Il lavoro femminile venivafinalmente valorizzato in modo paritario e protettivo.
L’art. 37 Cost. così declina:La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.”.
Qui, in questi due Comuni torinesi la Costituzione diventa carta straccia, la legge 125 è considerata un orpello, un falso storico.
Presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è statuito il “Comitato Nazionale Parità”. Tra gli altri indirizzi, questo organismo ha il fine di “promuovere, nell’ambito della competenza statale, la rimozione delle discriminazioni e di ogni altro ostacolo che limiti di fatto l’uguaglianza tra uomo e donna nell’accesso al lavoro, nella promozione e nella formazione professionale”.
Perché dunquenon interviene a sanzionare i responsabili dei due Comuni coinvolti? Perché non richiedere il superamento del requisito incriminato? Un intervento del Comitato in tal senso non farebbe fare un gigantesco passo in avanti alle lancette della storia in materia di superamento delle discriminazioni e a favore dei diritti delle donne?

Purtroppo quest’ultime sono ancora adesso le prime a essere espulse dal ciclo lavorativo nei periodi di crisi. Nel primo trimestre del 2020, ovvero nel primo lockdown, hanno fatto ritorno a casa ben 470 mila lavoratrici. Sono finanche discriminate come caregiver familiari; il 60% dei circa 7 milioni di assistenti ai non autosufficienti sono donne, un esercito a cui non vengono assicurati diritti, contrariamente a quanto succede in quasi tutta Europa, dove sia le persone disabili che i loro assistenti sono tutelati e riconosciuti dalla legge.
Il Governo dovrebbe assolutamente intervenire nei confronti dei Comuni di Vigone e Torre Pellice e invalidare la procedura in atto, per il rispetto della Costituzione e innanzitutto a salvaguardia delle decisioni e scelte delle donne, che dovrebbero essere libere, sempre.
Solo così si darebbe un segnale positivo e di forte contenuto simbolico nei confronti di tutti gli altri amministratori d’Italia. 
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Foto da Pixabay

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