Indomita e passionale. Assunta Maresca. Un viso di porcellana dai tratti delicati. Tanto bella da somigliare a una bambola. Perciò la chiamano Pupetta. Vive nel rione Materdei con i genitori, lavora nel negozio del padre e non gradisce le imposizioni solamente perché è nata donna. Ritiene ingiusto che i fratelli siano liberi dalle regole in cui, invece, lei viene ingabbiata in quanto femmina.
«Doveva svegliarsi alle cinque del mattino per aprire la pasticceria, alzare la pesante saracinesca, pulire il pavimento, ricevere la merce, toglierla dagli imballi, preparare la cassa. Soprattutto, trovava ingiusto che i suoi fratelli fossero esonerati da tutte queste faccende e che avessero il permesso di arrivare al lavoro alle nove. Perché lei non aveva gli stessi
diritti?».
Sembra un quadro di famiglia maschilista come ce ne sono parecchie, a Napoli, e non solo negli anni Cinquanta, in quella città che cerca di liberarsi dalla povertà della guerra.
Philippe Vilain, scrittore francese sedotto dalla sirena Partenope tanto da condividerne l’antico domicilio, dopo aver vissuto per vent’anni ininterrottamente a Parigi dove continua, tuttavia, a svolgere i suoi impegni letterari, le dedica un romanzo di 176 pagine, uscito in Francia con il titolo “La malédiction de la Madone» per le edizioni Robert Lafont, ora pubblicato in italiano da Gremese.
Stile cinematografico, composizione elegante, ritmo avvincente, l’autore si concentra sulla parte centrale della vita di questa donna: il colpo di fulmine per il malavitoso Pasquale Simonetti, noto nell’ambiente della camorra come Pascalone ‘e Nola, incontrato per la prima volta quando lei partecipa a un concorso balenare di bellezza e lui non le toglie gli occhi di dosso nemmeno per un istante, il matrimonio celebrato in fretta a causa di un’inattesa ma desiderata gravidanza, l’omicidio del neosposo, la vendetta consumata quando è incinta di sei mesi, il carcere dove partorisce, la grazia dopo anni di reclusione.
La vicenda di Pupetta è nota (negli anni ottanta sfidò il boss Raffaele Cutolo) ha ispirato un regista come Francesco Rosi che le ha dedicato il film La sfida del 1958, ma anche una versione romanzata in quattro puntate diretta per Canale 5 da Luciano Odorisio che affida il ruolo della protagonista a Manuela Arcuri.
Philippe entra nell’anima (profonda) della protagonista, ne scruta le ribellioni, i turbamenti adolescenziali, i battiti che le scuotono il cuore da innamorata, la sua sete di vendetta contro il mandante dell’assassinio del marito, Antonio Esposito, detto Ciccio Mano Fredda, ex socio di Pascalone, nonché testimone di nozze, che la costringe alla vedovanza quando ha solo vent’anni.
«Era mezzogiorno di quel 4 agosto 1955 quando la Millecento sbucò in corso Novara, pieno di gente, e si fermò davanti al caffè Grandone, di cui Esposito era un habitué. Stava al bar, sproloquiando in mezzo ai suoi fedeli guappi. La vedova marciò fino all’entrata, e lo fissò come se il suo sguardo avesse il potere di farlo voltare, lo fissò fino al punto di imporre il silenzio e che lui la vedesse».
In testa il fuoco di un vulcano, sulla labbra la gentilezza di una donna, nelle vene la freddezza da killer. Una sequenza che coinvolge e appassiona, la suspense è notevole. Chi legge sa come andrà a finire perché la vita di Pupetta è cronaca italiana, eppure la lettura è spinta dal bisogno di capire cosa succede nei pensieri di questa giovane donna che finisce poi per assumere il comando degli “affari” di famiglia.
Spara, Pupetta: il suo odio finisce nel sangue. Una scena agghiacciante che ha una comprimaria, la città: «Napoli sanguinava, ma non avrebbe detto niente. Napoli, cieca e muta, complice dei criminali, non aveva visto niente, né sentito nessun colpo di arma da fuoco, niente». La città del secondo dopoguerra già divorata da faide camorristiche per scontri di potere.
La latitanza, l’arresto, la vita da detenuta. «Gli anni passarono senza passare per davvero, trasportando la lentezza del tempo, le abitudini, la ripetizione delle giornate prevedibili. Il quarto anno, scoprì che suo figlio doveva, secondo la legge, essere dato in tutela». I contrasti che attraversano Pupetta emergono con veemenza e tenerezza allo stesso tempo: è una madre che deve separarsi dal proprio bambino e che per questo rimpiange di essere diventata lei stessa un’assassina.
Tra le contraddizioni della realtà, c’è tanto amore in questo libro: quell’amore che è materia indispensabile, intorno al quale passeggiano i suoi romanzi, ammantati di mistero. E il mistero si dilata nelle emozioni di Pupetta, tormentata da dubbi e disperazione.
Lady Camorra è svelata in tutta la sua fragilità umana. L’autore ne interpreta i sentimenti, offrendo un inquietante ritratto femminile tra coscienza e peccato.
©Riproduzione riservata

Qui sopra, la copertina del libro. In alto, l’autore, Philippe Vilain


IL LIBRO
 Pupetta
Philippe Vilain
Gremese Editore
Narratori francesi contemporanei diretta dallo stesso Philippe Vilain
Pagine: 176
euro 16
La presentazione Napoli sarà ospitata dall’Istituto francese di Napoli giovedì 8 giugno alle 18. Con l’autore interverrà Emilia Surmonte (Università L’Orientale di Napoli).
L’AUTORE
Philippe Vilain è docente di letteratura francese all’Università Federico II di Napoli. La sua produzione letteraria è molto studiata in ambito universitario, come dimostra la monografia recentemente pubblicata da Francesco Paolo Alexandre Madonia  Philippe Vilain, l’amour en ses discours (Mimesis). Vilain è autore di romanzi di successo, pubblicati in Francia da Gallimard, Grasset e ultimamente da Laffont. Tra questi, sono editi in Italia da Gremese: Falso padre (2009), Non il suo tipo (2012, adattato per il cinema da L. Belvaux e premio internazionale “Scrivere per Amore”), La moglie infedele (2013, in Francia premio Jean-Freustié), La ragazza dalla macchina rossa (2018), Un mattino d’inverno (2020) e Napoli mille colori (2021). Ha curato volumi collettivi (Bella Italia, 2022, ed Écrivains d’Italie, 2023) e scritto saggi come il Quadernetto sulla timidezza (2011, Gremese) e La Littérature sans idéal (2016, Grasset).

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