Qui sopra, lucio Salzano. In alto uno dei dipinti proposti alla Modart gallery
Qui sopra, lucio Salzano. In alto,  uno dei dipinti proposti alla Modart gallery

Avete tempo fino  a domenica 7  ottobre per visitare,  al Museo di San Martino di Napoli, l’imperdibile allestimento “Le dimensioni dell’arte – Segni nella Certosa” di Lucio Salzano. Lo abbiamo intervistato  per saperne un po’ di più e conoscere il perché della sua svolta artistica, al teatro alla pittura.
“Le dimensioni dell’arte” è il secondo atto di una trilogia che si concluderà al Museo di Pietrarsa e che ha avuto inizio alla Modart gallery. Quali sono le differenze tra le tre esperienze?
 “Le dimensioni dell’arte” è il concept artistico ovvero il progetto creativo che è alla base di tutte e tre le mostre. È il sottotitolo delle stesse che cambia a seconda della location in cui esse si realizzano. In attesa della mostra che si terrà a novembre al Museo  ferroviario di Pietrarsa, posso rispondere per ciò che riguarda le due esperienze già vissute. Posso dire che se alla ModArt Gallery ho interagito con uno spazio più intimo e raccolto, certamente la Certosa e il Museo di S. Martino con la loro storia centenaria, unita alla grande bellezza paesaggistica conosciuta in tutto il mondo, hanno influenzato l’allestimento e la scelta delle opere da esporre in maniera più importante. Difatti ho cercato anche di sintonizzare le scale cromatiche della mia pittura a tutto ciò.
Cosa ha portato in questi allestimenti della sua vasta esperienza teatrale?Probabilmente l’organizzazione dello spazio, una scansione delle mie opere/oggetti di scena appropriata alla location, ma soprattutto la mia voglia di confrontarmi col pubblico e in qualche modo coinvolgerlo, credo, in maniera emozionale.
Quali sono i suoi gusti in tema di arte? E’ stato influenzato da qualche artista in particolare?
Ho sempre fin da bambino letto di tutto sulla storia dell’arte e frequentato luoghi in cui l’arte era esposta e vissuta. Ogni artista è consapevole di tutto ciò che l’ha preceduto e che in qualche modo fa parte del suo background culturale, ma l’importante è approdare poi ad una propria originale identità. Ho amato Rembrandt come Chagall, e come Mario Schifano…E’ ancora attuale la provocazione nell’arte? Cos’è per lei la provocazione?
Se lei intende per provocazione uno sguardo critico e contemporaneo sulla realtà che ci circonda, l’arte ha sempre avuto come scopo anche quello di provocare una reazione, una discussione, qualcosa che anticipi il cambiamento. In questo senso anch’io forse potrei essere definito come un provocatore.
Pensa che ci sia pregiudizio nel mondo dell’arte verso chi, come lei, viene da un altro mondo artistico?
 Secondo la mia visione artistica in cui è noto che la contaminazione tra le varie arti etichettate (teatro, musica, video, pittura, danza) è sempre stata il Leitmotiv delle mie ideazioni, non esistono steccati tra le varie espressioni creative. Quindi non credo che alcun pregiudizio sia possibile.
Com’è stata l’accoglienza di pubblico e critica per queste prime due esperienze?
Molto calorosa e di questo ringrazio il vasto pubblico che ha partecipato agli opening delle due mie mostre personali e tutti i visitatori che con la loro attenzione mi premiano. Positivi finora anche i giudizi critici. Ma voglio in particolare ringraziare  Rita Pastorelli, direttrice del Museo Nazionale di S. Martino per la sua decisione di acquisire una mia opera sit-specific in esposizione fino alla primavera del 2019 all’interno del Museo.

 

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