Piuttosto che consegnarsi al nemico diede fuoco al Forte, fino a distruggersi con i restanti assediati. Fu questo l’epilogo della breve ma significativa Repubblica partenopea il 13 giugno 1799, dopo due giorni di resistenza del Forte di Vigliena (foto), a opera del comandante della guarnigione, l’abate Antonio Toscano.
Questo riferimento civile e morale verrà ricordato, alle 17 del prossimo 13 giugno, in occasione del 220° anniversario, proprio presso la struttura di via Marina dei Gigli (ex Stradone Vigliena), nel quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio.
Tutto nasce dall’attivismo del Comitato civico di San Giovanni a Teduccio che, testardamente, pone al centro del suo agire civico il recupero storico e ambientale di una delle zone più inquinate della città. Un lavoro meticoloso fatto di ricerca, fonti, confronti e proposte, che arriva a “somministrare” alle Istituzioni ragionamenti ricercati e puntuali, fino a sfidarne la “distrazione” ed i “ritardi” endemici di queste.
Il consenso sale, le adesioni fioccano, gli appelli alle Istituzioni a non “distrarsi” pure, la mobilitazione sicuramente ci sarà, ed all’altezza del momento. In discussione principalmente vi è l’onore storico, la resistenza (impari), la difesa delle ragioni di libertà. Ma anche e soprattutto tenere alta la guardia sul recupero della murazione e la creazione dei presupposti per far “vivere” questo luogo dimenticato, invisibile, maltrattato da chi non è in grado di rintracciare le proprie origini. Lo si fa principalmente per allontanare tentativi speculativi che cancellerebbero definitivamente un pezzo di città collocato ai margini, magari per lasciare spazio a strutture di supporto di cicli tardo-industriali o ad un prevalente piano residenziale. Altro che rigenerazione urbana.
Intanto pare bene ricordare che il PRG per detta zona, ricadente in sito di interesse nazionale, prevede un preventivo piano di messa in sicurezza e bonifica, prima ancora delle destinazioni d’uso in esso contenute.
L’indagine politica ricorda che quel Forte dovrebbe salire a rango di monumento nazionale, così come riporta la primordiale proposta di legge del 1891 a firma dell’onorevole Matteo Renato Imbriani Poerio. E, come al solito, questa città passa dalle stelle alle stalle, non conosce misure equilibrate, arranca ad accorciare le distanze intermedie, o è tutto o niente. Dalla considerazione storica, architettonica e politica all’abbandono totale il passo è breve.
E allora va premiato il protagonismo territoriale, vanno risvegliate le coscienze critiche, la parola passi a chi studia, conosce e distribuisce “attivismo rigenerante”, a chi si propone sentinella ambientale, a chi chiede ruoli pubblici mirati di interesse generale.
Non certamente un articolo (questa riflessione) può bastare a decantare l’agire di un Comitato, ma se solo questo scritto potesse stimolare l’avvicinamento tra le Istituzioni e i territori, pur nella distinzione dei ruoli tra chi deve fare e chi partecipare, allora la finalità e la speranza avrebbero un senso.
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