Il generale Vannacci superstar di questa campagna elettorale per l’elezione del Parlamento europeo. La sua opera intellettuale si inserisce nel più classico dei filoni politici italiani: fa notizia chi la spara più grossa. Prima con il libro fresco di stampa e poi dalla sua campagna elettorale il generale di divisione, che vanta al suo attivo la partecipazione ad una “mappata” di guerre, mette al bando i “reietti” sociali. Immigrati, gay, femministe, disabili, nell’armamentario culturale di Vannacci rappresentano la “anormalità”, il mondo capovolto.
Salvo scoprire che la sua “normalità” propone un modello di società arcaica, una comunità abitata solo da gente fatta “su misura” di un pensiero malato, il suo. Un miscuglio di concetti scientificamente superati e fuori dalla storia ma che, purtroppo, gli consentono di far rumore, di primeggiare al di sopra dei veri temi da trattare per chi si propone di occupare un seggio europeo.
Fino a questo momento non ha mai espresso un solo punto programmatico da portare avanti una volta eletto, una campagna elettorale totalmente sterile e che prescinde dalle cose urgenti da fare, dai benefici che l’Italia dovrebbe trarne, dai problemi che dovrebbero trovare strade, proposte, soluzioni.
Platee “indirizzate” pronte ad applaudire, come scelta di cammino mirato. La parola d’ordine: slogan da zero contenuti. Tuttavia il “generale di ferro”, coglie nel segno, si butta nella mischia e parla alla pancia dei cittadini, almeno a quelli che, come lui, credono che il problema siano gli ultimi, gli incapienti, quelli che rallentano la corsa dei forti.
Si pone al centro di una parte di questa epoca storica, quale prodotto di una Italia identitaria, conservatrice, xenofoba, e tenta di rappresentarne la voce.  
Ma una volta eletto, voterà Ursula von der Leyen a presidente della Commissione Ue? È possibile che nessuna trasmissione ad analisi politica avanzi una domanda semplice quanto rivoluzionaria? La domanda è scontata o scomoda?
Ebbene sì, non si può incalzare un esponente di destra in questo senso poiché finirebbe la narrazione di Salvini e della stessa Meloni sul presunto giudizio negativo alla presidente uscente.
Da un lato Salvini applaude Putin per il recente successo elettorale in Russia e dall’altra il capo del Governo italiano, con un totale endorsement, rinsalda l’asse con la presidente della Ue per rafforzare gli impegni militari a favore dell’Ucraina, esattamente contro il presidente della Russia.
Dove si schiererebbe il generale Vannacci in questo scenario europeo, con chi lo ha voluto in Europa (se eletto) oppure con la Meloni che rappresenta l’Italia nella Ue?
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Foto da Pixabay

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