«Diventare in un breve lasso di tempo corpo estraneo alla nazione, da espellere brutalmente. Lasciare ogni certezza per un paese sconosciuto. Attraversare il mare in un viaggio di giorni e giorni su una nave con tanti altri sventurati come loro».
In “Anna Bises Vitale. La narratrice”, pubblicato da Aras edizioni, Marcella Filippa conduce chi legge verso i ricordi di una bambina ebrea scappata dall’Italia alla volta dell’Argentina in seguito alla promulgazione delle leggi razziali del 1938, la bambina è Anna Bises Vitale (1928-2019).
Tra le pagine si alternano i ricordi ascoltati e ricostruiti, in un paziente lavoro di tessitura, in cui si avverte l’eco di una vita vissuta intensamente all’insegna della curiosità intellettuale, del dialogo, del confronto generazionale e culturale.
Ogni storia di emigrazione è una storia di costruzione identitaria in cui convivono culture, luoghi, lingue, tradizioni, tempi, abitudini enogastronomiche diverse in un processo di stratificazione nel quale custodire la memoria – e tramandarla alle giovani generazioni – diventa emergenza esistenziale, impellenza.
Il filo delle storie familiari non deve spezzarsi e queste– tutte insieme – devono comporre l’affresco di una comunità che può definirsi tale solo attraverso il riconoscimento di un sentire condiviso che crei continuità e appartenenza.
La storia della protagonista si apre con la sua fuga da Roma verso Buenos Aires dove molti ebrei italiani si diressero per entrare a far parte di una comunità formatasi con le ondate migratorie a cavallo tra la fine del Diciannovesimo secolo e l’inizio del Ventesimo, tra il 1871 e il 1900 partirono per l’Argentina più di ottocentomila italiani cui se ne aggiunsero, nel periodo dal 1901 al 1910, altri settecentotrentaquattromila.
Lasciare la città e la nazione in cui si è nati e cresciuti, cambiare lingua, lavoro, scuola, modo di vivere e dover costruire nuove relazioni richiede impegno, coraggio e determinazione, se lo si è costretti a fare significa che si sta scappando dalla miseria o – come in questo caso – dalla follia di una guerra che stermina le persone.
«Ebrei e argentini, ebrei o argentini? Quale identità? Si sovrappongono, si mescolano a volte prevale una a volte l’altra, in una sorta di continua altalena» la questione identitaria è centrale e i legami familiari e d’amicizia soccorrono nel definirne i contorni, Filippa racconta delle amiche che accompagneranno Anna Bises Vitale nella vita passando attraverso l’adolescenza, la gioventù, la maternità, i lutti e le tragedie.
Decisa a tornare in Italia, a Torino, alla metà degli anni Sessanta per fuggire nuovamente da una situazione politica che degenera verso la dittatura Anna vivrà il dramma dei desaparecidos che colpirà le famiglie delle amiche rimaste in Argentina, ragazzi e ragazze scomparsi nel nulla che – si scoprirà in seguito – arrestati, torturati e gettati nell’oceano da un areo.
Al dolore, come sempre nella sua vita, accompagnerà un fattivo agire organizzando attività propedeutiche a far sì che il racconto mantenga viva la memoria e sollevi domande sulle quali riflettere per dirigere il futuro verso scelte diverse.
Condivide con le madri che hanno visto scomparire i figli il lutto che non risparmia neanche lei, il figlio muore poco più che ventenne per un incidente. Il filo che unisce i ricordi è il sentimento dell’amicizia che perdura nel tempo rinnovato dall’esserci nella costanza di rapporti che non si affievoliscono perché distanti ma si nutrono di attenzioni, lettere, telefonate, viaggi, incontri e conversazioni in cui si mantiene la mente aperta per un’analisi lucida e oggettiva: «L’emigrazione forzata, pur nella sofferenza dell’abbandono, diventa anche una risorsa, un’apertura alla conoscenza, una visione meno provinciale e più ampia» è questa mentalità che la anima quando compie il suo ultimo viaggio in Israele in compagnia dei nipoti, accoglie il loro invito ad incontrare ed ascoltare ebrei e palestinesi per conoscere e valutare i diversi punti di vista.
Come ogni biografia in cui c’è spazio per il passaggio di testimone generazionale all’interno di una famiglia anche questa si compone come un collage in cui non poteva mancare il corredo di profumi e sapori della tradizione culinaria, accanto a fotografie, testi e appunti trovano spazio le ricette che tengono insieme le diverse tessere del patrimonio identitario: la cucina ebraica, quella italiana e quella argentina cui si aggiungono gli scambi tra amiche e le scoperte sul campo: : «Il quaderno è passato di mano in mano, fino a Paola, che sperimenta, in un legame simbolico con la nonna mai interrotto, qualche ricetta della tradizione, così la nonna ritorna attraverso il cibo, cura del corpo e anche un po’ del cuore».
La memoria olfattiva e gustativa è un’esperienza che tutti viviamo, riporta alla memoria frammenti del passato che pensavamo perduti con una potenza evocativa che può mozzare il fiato: il profumo di una spezia, il sapore di una pietanza, l’aroma di una bevanda scatenano una ridda di immagini e sensazioni che riaffiorano con la stessa autenticità di quando li abbiamo vissuti, anche a distanza di decenni.
IL LIBRO
Marcella Filippa
Anna Bises Vitale. La narratrice
Aras edizioni
Pagine 218
euro 16
L’AUTRICE
Marcella Filippa vive a Torino. Direttrice della Fondazione Nocentini, storica, saggista, traduttrice, giornalista pubblicista, vincitrice di numerosi premi letterari, ha curato mostre, sceneggiature di documentari, collabora con prestigiosi istituti culturali internazionali. Ha contribuito con le sue riflessioni alla conoscenza di figure femminili europee come Etty Hillesum, Milena Jesenská, Marianne Golz Goldlust, Ursula Hirschmann. Collabora a Enciclopedia delle donne. Molti i contributi in volumi collettanei da lei curati. Tra le sue pubblicazioni in Italia e all’estero Avrei capovolto le montagne, Discrimini, La morte contesa, Donne a Torino nel Novecento, Rita Levi Montalcini, Tina Anselmi. Con Aras edizioni ha pubblicato Ursula Hirschmann. Come in una giostra (2021).
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