Le disobbedienti/ Paola Bono presenta “Le mie suffragette”. Quella lunga e sofferta battaglia delle donne per ottenere il diritto di voto

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«Nessun uomo è stato escluso solo perché era un uomo, tutte le donne sono state escluse solo perché erano donne» sono le parole che in “Le mie suffragette”, scritto da Paola Bono per Iacobelli editore, pronuncia Emmeline Pankhurst e riporta Nellie, la protagonista del libro.
Nellie è una cameriera poco istruita e il talento dell’autrice si cimenta nella capacità di destreggiare uno stile narrativo che ne testimonia l’autenticità.
Tratta in salvo, ancora bambina, da uno ospizio per poveri dalla leader delle battaglie per l’ottenimento del diritto di voto per le donne che l’accoglie in casa propria, la voce narrante racconta l’evoluzione degli avvenimenti che videro donne coraggiose affrontare le percosse, la detenzione e l’alimentazione forzata.
Nelle pagine leggiamo di come Emmeline Pankhurst arrivò a fondare nel 1903 la Women’s Social and Political Union (WSPU) il cui motto era: “azioni, non parole” e dei rapporti che si sviluppavano tra le donne che aderivano al movimento.
All’interno di questo non mancarono le spaccature così come avvenne nella stessa famiglia Pankhurst in cui le figlie Christabel, Sylvia ed Adela entrarono in conflitto tra loro e con la madre in merito alla strategia da adottare.
Bisognava rimanere tranquille nell’esporre le proprie ragioni reiterando la richiesta di una legge che riconoscesse il diritto di voto per le donne oppure, di fronte al diniego costante, era giustificato ricorrere ad atti di contestazione che prevedessero il lancio di sassi, il danneggiamento delle vetrine di negozi, lo scoppio di bombe e gli attacchi incendiari?
«Miss Kitty non è che al principio le piacessero tanto le suffragette – le chiamavano così sui giornali quando volevano far vedere che erano diverse dalle donne delle altre associazioni, che invece le chiamavano suffragiste e facevano le brave, continuando a rispettare leggi su cui non avevano potuto dire la loro e a mandare petizioni e a chiedere il voto a chi tanto non glielo voleva dare».
Il libro di Bono è importante perché ricorda a tutte/i che i diritti delle donne non sono acquisiti e scontati e che il loro raggiungimento ha richiesto il coraggio, l’audacia, il sacrificio e il superamento delle torture subite da chi ha lottato per poter cambiare un modello sociale che le voleva subordinate e dipendenti da padri, fratelli e mariti ma produttive: «Non cavalleria ma giustizia per farla finita con questa storia che non ci vogliono dare il voto per proteggerci – già, perché siamo il sesso debole, ma quando poi dobbiamo lavorare turni di dodici ore in fabbrica allora la forza ce l’abbiamo, e chi ci protegge quando la polizia ci attacca per non farci arrivare al Parlamento o quando i sostenitori del Partito Liberale ci maltrattano perché disturbiamo le loro riunioni?».
Le suffragette arrestate chiedevano di essere trattare come prigioniere politiche – e non come delinquenti – rivendicando dignità di attività e impegno politico ma non per questo rinunciavano alla propria femminilità.
«E Mrs Emmeline dice che è importante non voler essere come gli uomini e rimanere donne anche nell’aspetto…» ecco un punto fondamentale su cui è cosa buona soffermarsi, se una donna si interessa di argomenti che il modello sociale considera “da uomini” – ipso facto – nega la propria femminilità, necessariamente connotata da sottomissione e rinuncia all’esercizio del libero arbitrio, immischiandosi in faccende che non competono loro.
Da Ipazia in poi, con alterne fortune, in molte hanno combattuto la battaglia volta a scardinare questo stereotipo e liberarsi dal giogo. Non tutte, grazie al cielo, hanno subito il supplizio inflitto alla filosofa e scienziata greca e – guardando a una epoca a noi più vicina – credo sia importante ricordare l’esempio di Marisa Bellisario che trascorrendo la sua carriera professionale in un mondo maschile non rinunciò alla personale cifra stilistica esprimendosi attraverso i canoni della moda che prediligeva.
Per affermare la propria personalità in contrasto con un mondo che detta regole cui conformarsi, pena sanzioni lavorative e sociali, ci vuole carattere ed è questa la lezione che apprendiamo nelle nostre letture e dobbiamo trasferire alle altre: affermare i propri talenti, le proprie scelte e le proprie peculiarità è, per ogni essere umano senza distinzione alcuna  – men che meno di sesso – un diritto, attenzione però a non abbassare mai la guardia perché esso potrebbe essere messo in discussione in qualsiasi momento.
«Siamo andate di casa in casa a dire che volevamo fare questa grande manifestazione e a spiegare perché, che davvero era sbagliato che una solo perché era una donna – proprio per nessun altro motivo – non poteva votare. E che c’erano tante questioni che le donne capivano meglio e ci badavano di più, i problemi dei bambini e dei vecchi per esempio, e il voto serviva per cambiare un sacco di cose e rimediare a certe ingiustizie proprio da arrabbiarsi, anche per le operaie che le pagavano meno dei maschi».
Giustappunto. Più di un secolo è trascorso e la disparità salariale e i carichi di cura familiari rimangono due nodi da sciogliere, perché le donne a parità di competenze, esperienza e talento guadagno meno dei loro colleghi? Perché i carichi di cura familiare ricadono, in molte realtà come quella italiana, solo sulle spalle delle donne? Il diritto di voto era rivendicato perché fondamentale al fine di esercitare la possibilità di eleggere i propri rappresentanti nei luoghi in cui si discutono e approvano le leggi. Già i rappresentanti…e le rappresentanti a quando? Ad oggi in cui il dibattito è, finalmente, entrato nella concretezza: donne e potere non è più un connubio impossibile, è questa la nuova sfida in cui impegnarsi.
«Certo che non è giusto, ma ti pare sia giusto che non possiamo votare, come se fossimo bambinette, o pazze o criminali? Perché gli uomini che hanno i requisiti di legge per votare vengono esclusi solo se sono idioti o matti certificati, o colpevoli di reati gravi; e naturalmente bisogna essere maggiorenni. Invece a noi, anche se guadagniamo e paghiamo le tasse e saremmo in regola con tutto, questo diritto è negato. Come se nascere donna fosse un crimine!»..
Quest’ultima affermazione riassume in modo plastico millenni di storia: la donna tentatrice, seguace del diavolo, strega, creatura sporca e corruttrice. La donna porta in sé il marchio del peccato. Le suffragette di Paola Bono forniscono diversi spunti su cui meditare così come il messaggio finale che la casa editrice appone al libro: Abbiamo lavorato con passione e cura alla realizzazione di questo libro. Possa avere vita lunga e alla fine del suo ciclo tornare alla natura. Aggiungo: possa germogliare nelle menti come nella terra alla quale, un giorno, tornerà.
©Riproduzione riservata 
IL LIBRO
Paola Bono,
Le mie suffragette,
Iacobelli editore
Pagine 221 euro 15,00

L’AUTRICE
Paola Bono, già docente di Storia del Teatro Inglese al Dams dell’Università di Roma Tre, tra le fondatrici della Società Italiana delle Letterate (SIL) e sua prima presidente, è autrice di saggi sul teatro elisabettiano e la drammaturgia inglese contemporanea. Sta attualmente curando la pubblicazione dell’opera di Caryl Churchill, giunta al VI volume per l’editore Editoria&Spettacolo. Con Iacobelli ha pubblicato Il romanzo del divenire (2007) e Riscritture d’amore (2011), Epiche (2014), Le comiche (2020)

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